Anche il Kurdistan
si ribella

20/04/2011

Il 18 aprile 2011 centinaia di studenti e professori si sono riuniti davanti all’università Salahuddin ad Arbil nel Kurdistan iracheno, chiedendo al governo regionale curdo di combattere la corruzione, aumentare la trasparenza e favorire lo sviluppo economico. Il governo ha reagito reprimendo duramente le proteste.

Le proteste sono state organizzate da vari gruppi della società civile e dai partiti politici dell’opposizione – l’Unione Islamica del Kurdistan e il Gruppo Islamico del Kurdistan – che da decenni si oppongono al dominio pressoché assoluto del Partito Democratico del Kurdistan, guidato da Masoud Barzani, e dell’Unione Patriottica del Kurdistan guidata da Jalal Talabani.

L’instabilità in Kurdistan potrebbe avere gravi conseguenze sulla tenuta dell’Iraq: gli Stati Uniti e i suoi alleati arabi nella regione – in particolare l’Arabia Saudita – già temono che l’Iran approfitti del ritiro delle truppe americane – che dovrebbe completarsi fra otto mesi – per colmare il vuoto di potere non solo in Iraq ma in tutto il Golfo Persico – specialmente in Bahrein e in Yemen.

L’Iraq è un paese molto fragile e diviso lungo linee etnico-religiose, nonché tenuto sotto opposte pressioni dalle grandi potenze regionali e dagli USA. Il delicato equilibrio di potere si regge su un fragile accordo fra Curdi, Sunniti e Sciiti (simile alla situazione del Libano). La violenza intestina in Kurdistan potrebbe indebolire la parte curda stimolando nuove rivalità fra Sciiti e Sunniti, pronti ad approfittare della situazione per ampliare il proprio potere.

In tal caso gli Stati Uniti sarebbero probabilmente costretti a rimandare di nuovo il ritiro delle truppe.

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