La reazione dei Greci
di fronte alla crisi

17/05/2011

I sindacati greci hanno organizzato uno sciopero generale l’11 maggio scorso, proprio mentre i funzionari dell’eurozona stavano discutendo dell’eventualità di erogare un nuovo prestito alla Grecia per evitarne il default. Per la prima volta le proteste hanno dato adito a violenti scontri fra polizia e manifestanti. L’esasperazione dell’umore pubblico nelle ultime settimane si è anche vista in episodi di violenza contro immigrati.

Il prestito da 110 miliardi di euro basterà alla Grecia solo fino a metà 2012, dopodiché Atene dovrebbe (in teoria) poter ritornare sul mercato internazionale. Ma vista la situazione economica e la crescita inesistente, i costi del rifinanziamento continuano a essere proibitivi, e la Grecia si trova di fronte a due possibili soluzioni: dichiarare il default su gran parte del proprio debito oppure ottenere un altro prestito da almeno 30 milioni di euro per arrivare fino alla fine del 2012.

Ma l’indebitamento della Grecia è strutturale, non si può diminuire in tempi brevi: il grafico qui accanto (clicca qui per ingrandire) mostra come negli ultimi anni sia cresciuto sia l’indebitamento delle famiglie, sia l’indebitamento delle imprese, sia l’indebitamento pubblico. Se il governo riducesse le spese, provocherebbe un aumento della disoccupazione (che è già oltre il 9%), che a sua volta provocherebbe una contrazione del mercato e maggiori difficoltà per le imprese, il che comporterebbe più disoccupazione anche nel settore privato e contrazione delle entrate erariali, il che richiederebbe ulteriore riduzione della spesa pubblica, e così via.

Occorrono invece investimenti produttivi, e riduzione del debito al consumo delle famiglie, attraverso più occupazione. Ma da dove si può iniziare a rimettere in moto un ciclo economico virtuoso anziché un ciclo economico vizioso? I vecchi strumenti della svalutazione e del protezionismo doganale non si possono usare.   

Se le tensioni sociali già si sentono in modo forte e provocano le prime violenze, benché il credito alle famiglie per i consumi non sia stato ridotto né sia stata ridotta la spesa pubblica, significa che tagli effettivi al credito e alla spesa pubblica provocherebbero vere e proprie rivolte.   

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