La Turchia presto potenza mediorientale?

16/06/2011

Liberamente tratto da un’analisi di George Friedman per Strategic Forecast, 14 giugno 2011.

 

Il partito Giustizia e Sviluppo (AK) ha nuovamente vinto le elezioni del 12 giugno scorso, e governerà il paese per il terzo mandato consecutivo; tuttavia non è riuscito a raggiungere i due terzi dei seggi necessari per modificare la costituzione unilateralmente. Circa la metà dell’elettorato ha votato per gli altri partiti, di cui il più numeroso è il Partito Repubblicano del Popolo (CHP), di orientamento laico, che ha ottenuto circa il 26%.

Il partito AK negli ultimi anni ha cambiato il volto della Turchia sia in politica interna che in politica estera.

 

·      In politica interna l’AK ha sempre riconosciuto il valore culturale dell’islam e ha introdotto elementi religiosi nella vita politica del paese; non è ancora riuscito a rimodellare le istituzioni turche su principi islamici, ma i movimenti secolari e nazionalisti sono preoccupati per i costanti attacchi alla laicità dello stato – ad esempio al diritto di non portare il velo negli uffici pubblici.

·      L’islamismo militante dell’AK influenza anche la politica estera del paese. La Turchia è il paese più ricco e militarmente più potente in medio oriente, e il fatto che sia orientato verso l’islamismo non può che destare preoccupazioni in Occidente. Infatti non è semplice contenere – né tantomeno invadere – un paese con il più grande esercito d’Europa e con un’economia che cresce al ritmo dell’8,9% annuo. Se la deriva islamista continuasse, sarebbe una catastrofe per tutti i paesi limitrofi – e non solo.

La Turchia si trova in posizione strategica a cavallo fra il Mar Nero e il Mediterraneo, controlla parte del Caucaso e confina con l’Iran. Perciò è sempre stato al centro dell’attenzione internazionale.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Ankara si avvicinò agli Stati Uniti perché spinta dal comune interesse antisovietico; anche l’alleanza con Israele era dovuta alla necessità di contenere i paesi arabi filo-sovietici. Ma con la fine della Guerra Fredda e il crollo dell’URSS il cemento dell’alleanza fra Turchia e occidente è venuto meno. Quando gli USA iniziarono la guerra al radicalismo islamico dopo l’attacco alle torri gemelle nel 2001, la Turchia iniziò a defilarsi.   

Una frattura evidente ci fu nel 2003, con l’invasione statunitense dell’Iraq: l’amministrazione Bush chiese alla Turchia – da un anno governata dal partito AK – di poter inviare una divisione nell’Iraq settentrionale passando su suolo turco, ma il governo turco rifiutò. Ankara non ruppe totalmente con Washington, continuò a garantire l’utilizzo dello spazio aereo e a partecipare a programmi di assistenza in Afghanistan.

Una frattura è avvenuta anche con l’Europa. Nel secolo scorso l’Unione Europea non aveva accettato l’ingresso della Turchia in Europa perché non sufficientemente sviluppata sul piano economico, ma poi l’economia turca è cresciuta a ritmi vertiginosi sorpassando parte dei paesi europei. L’UE ha continuato a opporsi per il problema dell’immigrazione: Francia, Germania e Gran Bretagna hanno già seri problemi con la minoranza islamica, e non voglion  un nuovo flusso di immigrati provenienti dalla Turchia. Ovviamente questo gioca a favore dell’AK, che sostiene di non aver voltato le spalle all’Europa, ma che l’Europa ha voltato le spalle alla Turchia.

Nel frattempo il mondo islamico ha cambiato aspetto e il livello di laicità in Turchia è calato notevolmente. La Turchia ha seguito – almeno in parte – le tendenze regionali,  preparandosi a diventare il nuovo leader dell’area mediorientale sull’onda di un crescente ‘ottomanesimo’:  il laicismo di Ataturk  non è utile per porsi alla testa degli Arabi del Medio Oriente, mentre la religione è un collante straordinario.

Le lunghe guerre in Iraq e in Afghanistan non hanno prodotto i risultati sperati: gli Stati Uniti non sono riusciti a installare governi laici nei due paesi, e ora stanno cercando di ritirarsi lasciando la regione in grande instabilità. Con il ritiro statunitense, la Turchia aumenterà certamente il suo ruolo regionale, ponendosi come unica potenza locale capace di proteggere il mondo arabo sunnita dall’imperialismo iraniano sciita.

 

 

 

 

 

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