Siria
che possibilità di cambiamento?

28/06/2011

25 giugno 2011

Il ministro degli esteri turco e Assad di Siria sono in consultazioni dirette su come riformare il sistema siriano per riportare la calma nel paese. 

Fonti ufficiose hanno fatto sapere che stanno discutendo tre possibilità:  

1)   Istituzionalizzare in Siria un modello politico paragonabile a quello libanese, in cui il potere è diviso fra le diverse componenti etniche e religiose. Si tratta di una ‘soluzione’ che ha fallito in Libano.

In Siria i Sunniti sono il 75% su di una la popolazione di 22 milioni di abitanti. Il restante 25% della popolazione è composto per lo più da Alawiti (7-10%), Cristiani (10%) e Drusi (3% circa).

Secondo la proposta turca il potere andrebbe diviso fra le etnie in modo da impedire che una singola minoranza possa avere il monopolio del potere politico e imporre il proprio volere sulle altre.  In realtà un assetto simile incoraggerebbe l’intervento di attori esterni interessati a sfruttare il settarismo interno a proprio vantaggio, e potrebbe portare alla guerra civile – come avvenne in Libano all’inizio degli anni ’70.  Senza contare che la minoranza Alawita verrebbe probabilmente perseguitata dagli altri gruppi che sono stati oppressi dagli Aalawiti per decenni. I Sunniti peraltro non  avrebbero  motivo di dividere il potere alla pari con gli altri gruppi, dato che sono in maggioranza. È dunque improbabile che Assad accetti una soluzione simile.

2)   Rimuovere il fratello minore di Basher al Assad, Maher al Assad, responsabile della repressione delle proteste, e mandarlo in esilio in Turchia. In questo modo Basher potrebbe mostrarsi come ‘riformatore’ e dichiarare che con la presenza del fratello in Siria lui stesso non poteva fare altro che seguire le volontà dei servizi di sicurezza ereditati dal padre Hafez al Assad.  Le autorità turche finora hanno evitato di criticare direttamente il presidente siriano, preferendo invece scagliarsi sul fratello Maher. Ma la coesione assoluta del clan Assad, attorno al quale si coagula la fedeltà delle altre famiglie alawite, è la base su cui si fonda il potere di Assad. Anche questa soluzione porterebbe al crollo del potere di Assad e degli Alawiti.

3)   Legalizzare i Fratelli Musulmani e garantire loro una percentuale prefissata di seggi in parlamento, tale da non minacciare la laicità dello stato né la stabilità del paese. Ma il regime ha poco interesse ad aprire il sistema politico alle opposizioni, soprattutto agli islamisti, perché una soluzione simile intaccherebbe il monopolio del partito Baath, pilastro del sistema siriano. Anche questa riforma porterebbe rapidamente al crollo del potere alawita.

Gli obiettivi dei Turchi.

Ankara è alla ricerca di una soluzione che riporti la calma in Siria – in modo da fermare il flusso di profughi in Turchia – aprendo il sistema politico alla componente sunnita. In particolare il partito AK vorrebbe favorire l’ascesa di forze islamiche moderate (in questo caso pensa ai Fratelli Musulmani, sedicenti ‘moderati’) su cui esercita una certa influenza, per rimodellare la politica siriana a proprio piacimento. Mantenendo i legami con il regime al potere e intessendo legami con i gruppi di opposizione allo stesso tempo, Ankara aumenterebbe indubbiamente la propria influenza su Damasco.

Le opzioni della Turchia per la Siria rischiano però di creare una gravissima crisi all’interno del regime di al Assad, che potrebbe portare a un drammatico vuoto di potere. La Turchia sarebbe pronta a riempirlo?

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