Riforme in Marocco
soltanto cosmesi?

29/06/2011

In Marocco dal 20 febbraio 2011 un movimento di protesta composto per lo più da giovani scolarizzati e disoccupati – il ‘Movimento 20 Febbraio’, appunto – organizza manifestazioni con cadenza regolare per chiedere maggiore libertà politica.

 

Il 9 giugno 2011 una commissione nominata dai vertici governativi, in collaborazione con alcuni rappresentanti della società civile, ha presentato a re Mohammed VI una proposta che è stata accolta. I Marocchini sono chiamati ad approvare le riforme in un referendum che si terrà il 1 luglio. Il Movimento 20 febbraio però non è soddisfatto perché ritiene che le riforme siano soltanto cosmetiche, prive di sostanza, e invita a boicottare il referendum. 

 

L’opposizione finora si è organizzata per lo più tramite internet, riuscendo a creare gruppi in oltre 52 località, soprattutto nelle città. I gruppi tengono manifestazioni ogni domenica per chiedere maggiore democrazia e la transizione alla monarchia parlamentare. Gli aderenti sul sito Facebook del movimento sono circa 30.000. Finora le manifestazioni (cui partecipano alcune centinaia – a volte migliaia – di sostenitori) sono state pacifiche.

 

Gli otto principali partiti politici marocchini - quasi tutti laici, socialisti e nazionalisti - pur contrastando l’egemonia del re sul sistema politico, hanno sempre cooperato con il potere. L’Organizzazione Giustizia e Carità, di stampo islamista, è stata bandita in Marocco, ma opera attraverso le organizzazioni della società civile; la monarchia ha sempre attuato la politica del ‘divide et impera’ fra i gruppi islamisti per evitare che ne emergesse uno troppo forte.

 

Il Re gode dell’appoggio delle tribù delle aree rurali – dove risiede tuttora il 43% della popolazione – cui concede agevolazioni e favori (ad esempio l’estinzione dei debiti). Il Re coltiva attivamente rapporti con le opposizioni legali, per evitare che partecipino alle manifestazioni del Movimento 20 Febbraio, specialmente alla vigilia del referendum.

 

Mohammed VI è molto attento a mantenere il controllo della situazione, ma in effetti le riforme – definite ‘epocali’ dalla monarchia – sono per lo più cosmetiche. In base alle riforme proposte il primo ministro, scelto dal Re fra i rappresentanti del partito che otterrà la maggioranza alle elezioni, diventerà ‘Presidente del Governo’ e avrà il diritto di sciogliere il parlamento. Si crea così una apparente divisione dei poteri, dato che il Consiglio dei Ministri è di nomina reale e il Re rimane l’arbitro supremo e mantiene il diritto di sciogliere il parlamento dopo aver consultato il Consiglio dei Ministri.

 

La nuova bozza costituzionale riconosce al re il titolo di ‘Guida dei Fedeli’, in quanto ‘sceriffo’, ovvero discendente del profeta Maometto e legittimato quindi a governare per diritto divino. Gli islamisti rifiutano però di riconoscere l’autorità religiosa del Re, e per questo sono stati marginalizzati dalla vita politica.

 

La nuova costituzione conferisce al Re anche il titolo di ‘comandante delle Forze Armate Reali’. I militari si sono sempre schierati con la monarchia, anche durante i recenti disordini. Le forze di sicurezza marocchine invece sono composte per lo più da Berberi, che si sentono marginalizzati all’interno del Marocco. Ora però la nuova costituzione riconosce la lingua berbera, parlata da circa dieci milioni di Marocchini – su un totale di 32 milioni di abitanti - come lingua ufficiale dello stato.

 

Mohammed VI regna mantenendo toni conciliatori, si è creato l’immagine di leader ragionevole e di riformatore pronto ad accogliere le richieste del suo popolo. L’opinione pubblica marocchina considera la monarchia il simbolo dell’unità nazionale, l’istituzione in grado di tenere insieme il paese.

 

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