La crisi europea
e il voto del Bundestag

28/10/2011

26 ottobre 2011

I leader dell’eurozona si sono incontrati negli ultimi giorni per prendere le misure adatte a contrastare la crisi economico-finanziaria entrata ormai nel 21° mese.

Tre i temi sul tappeto:

·      la ricapitalizzazione delle banche, per mettere in sicurezza il sistema e rassicurare i mercati;

·      la ristrutturazione del debito pubblico greco, in modo di da permettere – almeno teoricamente -  all’economia greca di riprendersi, liberata dall’insostenibile peso degli interessi;

·      la possibilità di espandere il fondo di stabilità europeo (EFSF) dotandolo dei mezzi necessari ad assistere i paesi in difficoltà.

I leader dell’eurozona hanno trovato un accordo sui primi due punti:

·      le banche che detengono il debito pubblico della Grecia hanno acconsentito a una ristrutturazione del 50% del debito greco;

·      la percentuale di riserve liquide delle banche europee verrà portata al 9% degli impieghi entro giugno 2012 Perché le banche possano ricapitalizzarsi lo EFSF stanzierà 100 miliardi di euro – anche se in base ai dati forniti dalla stessa UE per mettere al riparo gli istituti bancari da ogni rischio ne occorrerebbero il doppio.

Sul debito greco e sull’aumento dei fondi  per lo EFSF i leader europei hanno dichiarato di aver raggiunto un accordo, ma per le decisioni specifiche occorrerà aspettare il prossimo summit.  

In pratica nulla è davvero deciso, anche perché per l’espansione dello EFSF occorre il voto di alcuni parlamenti, fra cui il Bundestag tedesco, che ha appena deliberato di NON aumentare il contributo tedesco.

La Germania è il paese più forte in Europa: è ricca di capitali, dotata di una forza lavoro altamente specializzata e di una base industriale solida; inoltre negli ultimi anni ha continuato a crescere, anche  perché l’architettura dell’eurozona è stata creata sul modello tedesco.

Ma ora Berlino non sembra più disposta ad erogare altri soldi per sostenere l’Europa, anche perché l’ha fatto costantemente per decenni: pagando i debiti di guerra alla Francia subito dopo la guerra, finanziando in massima parte i costi della politica agricola nei primi decenni di vita della Comunità Europea, sobbarcandosi da sola il peso della riunificazione tedesca e finanziando quasi da sola la ripresa dei paesi dell’Est.

Il 26 ottobre 2011 il parlamento tedesco ha votato a maggioranza per porre un tetto massimo di 211 miliardi di euro alla garanzia tedesca per il fondo di salvataggio europeo (EFSF). La linea tedesca è chiara: per offrire maggiori garanzie a sostegno dei paesi in difficoltà, Berlino richiede sacrifici e austerità –  e tagli alla spesa pubblica degli stati in difficoltà. Con la cifra che ha a disposizione attualmente – 440 miliardi di euro – l’EFSF potrebbe ‘salvare’ la Spagna, ma non potrebbe sostenere una crisi bancaria di ampia portata o l’insolvenza – anche solo parziale – dell’Italia.

Il presidente dell’EFSF Klaus Regling già è in viaggio in oriente per convincere Cina e Giappone a utilizzare parte delle loro riserve per aiutare l’Europa.

Il Bundestag ha inoltre ribadito l’opposizione all’acquisto dei titoli di stato sul mercato secondario da parte della Banca Centrale Europea, che già è proibita dai trattati che hanno istituito l’euro. Tale proibizione è stata accantonata in pratica fin dalla crisi finanziaria del 2008. La BCE è un’autorità indipendente, non deve sottostare alle decisioni del Bundestag, e Mario Draghi ha già fatto sapere che intende continuare l’acquisto di titoli di stato. Ma l’opinione pubblica tedesca non può essere sfidata troppo a lungo.

In base al trattato di Maastricht la BCE non ha autorità sulla politica monetaria dell’eurozona, dato che sono i singoli stati ad avere il controllo del proprio settore bancario – a differenza della Fed, che controlla la politica di tutti gli stati degli USA. Questo sistema ha funzionato bene fino a quando l’economia era in espansione, ma ora la situazione è cambiata.

Pare non esserci alternativa a politiche di austerità nei paesi in forte disavanzo: ma se nel lungo termine si tratta di una decisione saggia e ineludibile, nel breve termine troppa austerità può aggravare la crisi economica europea, e creare gravi disagi sociali, che potrebbero avere ripercussioni politiche tali da portare allo sfaldamento dell’Unione Europea.   

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