Summit europei
accordi teorici e realtà

31/10/2011

30 ottobre 2011

L’Unione Europea ha raggiunto un accordo sulla necessità di destinare 100 miliardi di euro alla ricapitalizzazione delle banche e di ‘imporre’ una svalutazione del 50% sul debito greco, senza far fallire lo stato greco. Un ‘concordato’ al 50% fra debitori e creditori.     

Ma se le banche svalutano del 50% il valore dei titoli greci, le loro necessità di ricapitalizzazione salgono ben oltre i 100 miliardi  per poter raggiungere – come stabilito – le riserve liquide pari al 9% degli impieghi: ne occorrono come minimo 200. I leader europei non hanno guardato i conti? O non li hanno capiti? O sperano che gli altri 100 miliardi si trovino sul mercato libero dei capitali, in una situazione di crisi e di sfiducia come quella attuale?

I leader europei hanno la possibilità di forzare l’accettazione del taglio del valore del debito greco presso le banche  dei loro stati. E le banche in altri paesi? E i fondi pensione, i fondi di investimento?  Accetteranno e continueranno ad avere fiducia  e investiranno ancora in titoli pubblici dell’eurozona?

Il taglio del 50% del valore dei titoli greci si applicherà  anche ai titoli detenuti dalle  banche greche e dai cittadini greci? In questo caso le banche greche corrono il rischio di immediato collasso. Se invece le banche greche sperano di venir ripagate dal proprio stato, chi altri accetterà davvero di essere pagato soltanto al 50%? Il senso di appartenenza degli stati europei ad un unico destino e ad un unico mercato che gioca con le stesse regole subirebbe un tracollo.

I leader europei  hanno deciso che gli stati d’Europa garantiranno il Fondo di Stabilità Finanziaria Europea (EFSF) con circa 470 miliardi li Euro: circa un quarto di quanto si calcola  essere il minimo necessario per garantire davvero  l’Eurozona da ogni tentativo di speculazione. Lo EFSF dovrà trovare il resto dei fondi sul mercato libero. Ma se gli stati dell’Eurozona non si sentono di garantire più del 25% del debito pubblico dell’Eurozona,  come possiamo pensare che si fidino gli altri? Una garanzia al 25% sembra fatta apposta per invitare  la speculazione ‘contro’ gli stati dell’Eurozona da parte dei  grandi fondi. È possibile che i leader europei non lo capiscano? Che i loro consiglieri economici e finanziari non glielo abbiano spiegato?

Oppure i leader europei hanno le mani legate dalla mancanza di legittimazione politica a livello europeo, dalla mancanza di responsabilità verso i cittadini europei che non li hanno eletti? La Merkel deve rispondere soltanto agli elettori tedeschi, non a quelli degli altri paesi.  Sarkozy deve rispondere soltanto agli elettori francesi, non agli altri… e così via. E ogni elettorato vede soltanto una parte del problema: il proprio. Spesso senza capirne appieno le cause, neppure a casa propria, perché su questi argomenti fino a un paio di anni fa non c’è stata né informazione né discussione pubblica sui fatti e sui rischi reali. L’opinione pubblica si è nutrita di parole buone: solidarietà,  unione, collaborazione in Europa. La  nuova grande Europa (auspicata da tutti gli Europei, che però anziché  pianificarla politicamente hanno sperato nella bacchetta magica e nella forza delle parole positive – e dei fondi che si potevano elargire, finché l’economia era florida e la Germania pagava anche i conti degli altri), la nuova grande Europa è rimasta una aspirazione ideale resa tangibile soltanto da una  burocrazia internazionale che distribuiva alcuni benefici e studiava regole per questioni non-politiche  del tutto secondarie. Nei paesi membri non si sono messi in luce né discussi chiaramente i meccanismi, i poteri, le responsabilità - i rischi - all’ingresso nell’Eurozona. Era un traguardo, una vittoria, poi… poi si sarebbe visto.

Klaus Regling, direttore dell’EFSF, è ora in Asia alla ricerca di denaro dai fondi sovrani. Ma la risposta  è  negativa,  se la garanzia è soltanto del 25%. È vero che Cina e Giappone hanno sottoscritto gran parte dei titoli  già emessi  dell’EFSF, ma  quando erano garantiti al 100% dagli stati dell’Eurozona collettivamente, anche dalla Germania. È poco probabile che le decisioni di questi summit possano stabilizzare la situazione finanziaria  europea – che mette a rischio l’economia globale. A meno che la  Germania non decida di assumersi la responsabilità piena di tutte le garanzie necessarie per l’Eurozona, e non si inizino a creare strutture politiche che possano decidere una politica fiscale e finanziaria comune per l’Eurozona, non ci sarà stabilità finanziaria e recupero  del PIL.   

E qui veniamo ai due nodi principali:

1.     l’Unione Europea dal 1950 in poi si è retta sulla disponibilità della Germania (sconfitta) a  pagarne i costi. Gli altri paesi ne avevano soprattutto benefici. Ora la Germania ha detto ‘basta’. Ora la Germania ha alternative: gli investimenti tedeschi negli ultimi quattro anni sono diminuiti in Europa Occidentale e si sono concentrati in grandissime joint ventures in Russia. La Germania non ha più bisogno dell’Europa, neppure politicamente: è l’Europa ad aver bisogno della Germania. La Guerra Fredda è finita, la Germania si è riunificata. Ha pagato il prezzo per farlo, ora non vuole più pagare.

2.     Se non riusciamo in qualche modo a creare un’unione politica, legittimata dalla sovranità popolare e con poteri effettivi, che includa solidamente anche la  Germania, è soltanto questione di tempo: non sopravvivrà l’Eurozona, ma non sopravvivrà neppure l’Unione Europea.

Laura Camis de Fonseca

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