Il dilemma del prezzo del gas
in Russia

13/04/2012

Gazprom ha avvisato il Cremlino che, se non potrà alzare il prezzo del gas destinato al mercato interno fino a coprire interamente i costi, non riuscirà a finanziare progetti importanti per il futuro dell’economia russa

Il 60% del gas prodotto in Russia – circa 510 miliardi di metri cubi nel 2001 – è destinato al mercato interno. La Russia ha uno dei più alti tassi di consumo di gas pro-capite, e anche gli impianti industriali sono fortemente dipendenti dal gas.

I prezzi del gas sul mercato interno sono regolati per legge. Gazprom ha quattro livelli di prezzi:

1)     $75 per mille metri cubi è l’attuale prezzo per scuole, ospedali e famiglie in Russia;

2)     $95 è il prezzo per le aziende in Russia;

3)     circa $200 dollari è il prezzo per i paesi dell’ex Unione Sovietica;

4)     circa $450 è il prezzo per i paesi europei.

Negli ultimi dieci anni il Cremlino ha  autorizzato l’aumento progressivo  dei prezzi sul mercato interno – dal 14% al 25% all’anno. Ma  il ricavo medio  dal mercato domestico continua ad essere di circa  $50 dollari (per mille metri cubi) inferiore al costo di estrazione, trasporto e  fornitura. Dato il grande consumo, Gazprom serve il mercato domestico  con gravi perdite. Gazprom guadagna grazie al mercato estero, da cui ricava in media  $279 per mille metri cubi – circa il doppio del costo di produzione. I consumi interni però continuano a crescere percentualmente, e la situazione sta diventando insostenibile, senza contare che si fa sempre più concreto il rischio che gli Europei trovino fonti alternative e riescano a svincolarsi (almeno parzialmente) dalle forniture russe.

Gazprom deve anche  fare i conti con l’aumento delle tasse di estrazione, cresciute di circa $2,2 miliardi nel 2011, che potrebbero diventare $5,2 miliardi nel 2012.   

In alternativa Gazprom potrebbe alzare ulteriormente il prezzo ai paesi esteri, con il rischio che i clienti  preferiscano altri fornitori. Con il gas russo a oltre 450 dollari per 1000 metri cubi, per l’Europa occidentale e per la Polonia potrebbe convenire importare gas di scisti liquefatto dagli USA, nonostante i costi di trasporto e di rigassificazione. Il prezzo del gas di scisti negli USA si aggira sui $200 per mille metri cubi.

Se Gazprom non può aumentare gli utili, non avrà i mezzi per finanziare progetti per il futuro, come il South Stream (costo stimato: $24-31 miliardi), lo Shtokman Arctic e lo sfruttamento del giacimento di Yamal - costo stimato: $15-20 miliardi (immagine a destra). Gazprom chiede perciò di aumentare i prezzi sul mercato interno del 45% entro la fine del 2012, e di abolire ogni restrizione entro il 2014.

Il Cremlino vuole però evitare di alzare troppo rapidamente i prezzi del gas, per non creare  proteste fra la popolazione, che potrebbero sfociare in disordini, e per non mettere in crisi le industrie ad alta intensità energetica (come le industrie metallurgiche) che finora sono state competitive proprio grazie a costi dell’energia vantaggiosi. La Russia è tuttora uno dei primi cinque produttori ed esportatori di acciaio del mondo, e ha le più grandi industrie specializzate nella produzione di nickel e alluminio: la Norilsk Nickel e la RUSAL. In caso di un rapido aumento dei prezzi, la competitività dell’industria pesante russa, concentrata nella mani di pochi oligarchi, sarebbe messa a rischio.   

La decisione da prendere è difficile: il Cremlino è diviso e non sa bene come agire.  

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