Siria: la guerra fra le fazioni ribelli
rafforza al-Nusra

01/10/2013

Il gruppo armato “Islamic State of Iraq and al Sham”, composto di guerriglieri iracheni e di altre nazionalità del Caucaso e dell’Asia Centrale, accorso in aiuto agli insorti siriani, in realtà sta combattendo sia contro il Free Syrian Army − il gruppo sostenuto dall’Occidente e dalla Turchia e composto di vari gruppuscoli di insorti siriani −, sia contro al-Nusra, gruppo affiliato ad al-Qaeda, che è più disciplinato e meglio organizzato degli altri gruppi. L’Islamic State of Iraq and al Sham (ISIS) il 20 settembre ha attaccato il Free Syrian Army nella regione di Raqqah, al confine con al Turchia, e ha assunto il controllo della zona, sostenendo che il Free Syrian Army è troppo amico dell’Occidente. L’ISIS aveva già attaccato il quartier generale di al-Nusra a Shadadi, mentre il grosso dei combattenti di al-Nusra era altrove a combattere contro i Curdi siriani, che non vogliono cedere a nessuno il loro territorio, né il controllo dei loro pozzi di petrolio. L’11a divisione del Free Syrian Army, che era stanziata a Raqquah, si è ora aggregata ad al-Nusra, avendo perso fiducia nella struttura di comando del Free Syrian Army.

I ribelli siriani sono talmente frastagliati e divisi per ideologia, interessi, nazionalità ed appartenenza etnica, che finiscono con lo scontrarsi fra di loro, appena si allontano le forze di Assad. I gruppuscoli sparsi tendono a raggrupparsi attorno al comando più forte, che sembra offrire una direzione chiara e sa organizzare rifornimenti di cibo e di armi: quello di al-Nusra. Purtroppo il comando del Free Syrian Army è molto carente di organizzazione e di disciplina. I suoi capi, per lo più oppositori di Assad di lunga data, sono vissuti a lungo in esilio e non hanno più conoscenza personale diretta delle élite tribali, culturali e religiose siriane. L’ISIS, composta di volontari non siriani, mostra di voler combattere una guerra per conto proprio, a favore dell’Iraq.

Anche i paesi sostenitori dei ribelli siriani – la Turchia, l’Arabia Saudita, il Qatar e i paesi occidentali − hanno in comune soltanto il desiderio di veder cadere Assad, ma per il resto hanno interessi diversi e vorrebbero destini e tipi di governo diversi per la Siria. 

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