La Bosnia
rimane in stallo

17/10/2014

Le nuove elezioni in Bosnia Erzegovina hanno sostanzialmente riconfermato al potere i soliti partiti identitari su base etnica. Ciò significa che anche il margine di manovra del nuovo governo sarà limitato dalla realtà storica del paese.

Se il termine “Balcani” è associato all’idea di violenza etnica, instabilità politica e fragilità economica, allora la Bosnia Erzegovina è il tipico paese balcanico. La sua posizione ai confini dell’Europa ne ha fatto una terra di conquista e secoli di invasioni hanno generato un tessuto etnico eterogeneo, comprendente Croati cattolici, Serbi ortodossi e Bosniaci musulmani, più precisamente chiamati Bosgnacchi. Finchè è esistita la Jugoslavia i diversi gruppi hanno sostanzialmente convissuto, ma alla sua dissoluzione − a inizio anni ’90 – è seguita una violenta guerra civile. Gli accordi di Dayton del 1995 misero fine alla guerra, ma contribuirono anche a congelare il conflitto, ancora latente. Dal piano di pace nacque una Federazione fortemente decentralizzata che comprendeva due entità autonome e una regione con un governo locale:

-        la Federazione di Bosnia ed Erzegovina, abitata principalmente da Bosniacchi e Croati;

-        la Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, a maggioranza serba;

-        e il Distretto di Brcko, in cui circa la metà della popolazione è bosniacca.

Fu stabilito che la presidenza fosse composta da tre membri, uno per ciascuno dei tre principali gruppi etnici. Ma lo sforzo di creare un equilibrio etnico ha reso complicato e inefficiente il processo decisionale, minando le prospettive di sviluppo economico del paese.

Un’economia in difficoltà

Oggi il tasso di disoccupazione generale si aggira intorno al 27%, mentre quello giovanile è quasi al 60%. Secondo la Banca Mondiale, in Bosnia Erzegovina quasi una persona su cinque vive in condizioni di povertà. La crisi europea non fa che peggiorare la situazione, poiché le rimesse dei Bosniaci che vivono all’estero sono fortemente diminuite, mentre il costo delle utenze e del servizio sanitario sono aumentati. Le alluvioni che hanno colpito la Bosnia in maggio hanno ulteriormente danneggiato l’economia, provocando la perdita di circa il 15% del PIL. A inizio febbraio in molte città bosniache − in particolar modo nella Federazione di Bosnia ed Erzegovina − ci sono state proteste e manifestazioni per chiedere condizioni di vita migliori.

Un sistema elettorale complesso e inefficiente

In Bosnia si è appena votato per eleggere tre diversi livelli amministrativi: il governo federale della Bosnia Erzegovina, che include la già citata presidenza tripartita e un parlamento federale; i governi autonomi della Federazione di Bosnia ed Erzegovina e della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, che comprendono i leader regionali e i parlamenti regionali; e le assemblee locali nei cantoni in cui sono divise le varie entità.

La presidenza tripartita ha alcune competenze esclusive – come la politica estera e la difesa – ma molte delle politiche che hanno effetti diretti sulla vita quotidiana delle persone sono nelle mani delle entità costituenti. Difficilmente dall’esito elettorale scaturiranno riforme significative, poiché nessuno dei principali partiti del paese ha interesse a favorire un cambiamento politico sostanziale. Corruzione e clientelismo, che seguono linee strettamente etniche, rafforzano la dipendenza dei cittadini dai leader locali. Perciò in Bosnia non saranno le élite al potere a produrre un cambiamento politico. Se mai ci sarà un cambiamento, verrà dai cittadini, anche se le divisioni etniche renderanno difficile l’emergere di un movimento nazionale.

Il fattore internazionale

La Bosnia Erzegovina vorrebbe entrare nell’Unione Europea, ma è improbabile che possa farne parte nel breve periodo. Il neo eletto governo bosniaco cerca aiuti anche dalla Russia, ma gli interessi di Mosca sono limitati alla Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, per i legami che tradizionalmente la legano alla popolazione ortodossa serba. La Turchia, parte di un accordo economico con il paese, continuerà a essere un’importante fonte di investimenti e assistenza per la Bosnia, come conferma il recente prestito di 50 milioni di euro. 

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