Essere donne
a Isfahan

31/10/2014

Negli ultimi dieci giorni di ottobre, nella città iraniana di Isfahan si sono verificate ben otto aggressioni con una dinamica comune: uomini in motocicletta hanno gettato un acido su giovani donne colpevoli di non indossare correttamente l’hijab. Almeno una delle donne aggredite è morta, altre hanno riportato gravi ustioni, alcune hanno perso la vista. È scattata la caccia all’uomo per individuare i responsabili. A Isfahan come a Teheran migliaia di persone sono scese in strada per protestare. In questo clima di confusione, la scorsa settimana in Parlamento si è discussa una legge che proibisce di imporre l’uso dell’hijab con la forza.

L’accaduto ha suscitato la condanna anche del clero conservatore, compreso il rappresentante della Guida Suprema Ali Khamenei nel corpo delle Guardie della Rivoluzione islamica, l’ayatollah Movahedi Kermani, che ha definito le violenze “spregevoli” e ha chiesto per i responsabili il massimo della pena. Le aggressioni sono chiaramente opera di membri dell’estrema destra religiosa, che ha legami con il clero ultraconservatore e probabilmente anche con parte dell’establishment nel settore della sicurezza, come la forza paramilitare dei Basij.

L’accaduto mette in evidenza le contraddizioni della Repubblica Islamica, schiacciata tra la pressione di chi vuole imporre alle donne norme sempre più severe e chi vorrebbe invece arginare le forze ultraconservatrici. Queste tensioni si manifestano in un periodo complicato per Rohani, attaccato dai fautori della linea dura nei negoziati sul nucleare, che lo accusano di aver fatto troppe concessioni agli Stati Uniti. Non essendo riusciti a influenzarlo sulla questione del nucleare, gli oppositori del Presidente hanno incentrato la loro attenzione sulla politica interna, in particolar modo sulla battaglia culturale. E in questo campo stanno avendo miglior fortuna, perché negli strati più conservatori del clero è diffusa la paura che maggiori legami con Stati Uniti e Occidente possano generare un forte cambiamento nella Repubblica Iraniana. Quello culturale resta dunque il campo sul quale combattere l’ultima, decisiva, battaglia.

È innegabile però che le aggressioni con l’acido abbiano indebolito la posizione degli estremisti; anche molti di coloro che normalmente si collocano all’estrema destra dello spettro politico hanno preso le distanze da queste aggressioni. Quanto accaduto a Isfahan ha infatti portato a mettere in discussione le leggi stesse sull’abbigliamento femminile, cosa impensabile fino a qualche settimana fa. 

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