I Sauditi perseguono la leadership regionale,
con pochi risultati

05/08/2015

L’accordo fra USA e Iran sul nucleare ha indotto l’Arabia Saudita a prendere l’iniziativa per accelerare e intensificare la ricerca di accordi che forgino un’alleanza regionale sunnita, che isoli l’Iran.

A Mosca si sono tenuti recentemente una serie di incontri ad alto livello fra i Sauditi e rappresentanti del governo di Assad per discutere una soluzione del conflitto in Siria che assicuri che Assad mantenga una parte di potere, rinunciando però al sostegno dell’Iran e di Hezbollah, organizzazione che costituisce la lunga mano dell’Iran sulle coste del Mediterraneo. Le discussioni per ora non hanno dato frutto: Assad non si fida. Ma il gesto è stato fatto, il dialogo è stato aperto, con vantaggio d’immagine per i Sauditi. In Siria i Sauditi sono molto attivi su più fronti: finanziano da mesi una pletora di tribù sunnite, sia per evitare infiltrazioni iraniane, sia per non lasciare mano libera all’ISIS.

Anche in Sudan i Sauditi stanno offrendo aiuti e collaborazione, per controbattere l’influenza iraniana. Nelle scorse settimane si sono intensificati gli incontri con Hamas, cui i Sauditi offrono finanziamenti per l’economia di Gaza e sostegno nel combattere le infiltrazioni dell’ISIS, in cambio di un totale distacco dall’Iran.

In Yemen gli Houthi sono stati cacciati da Aden, grazie all’intervento aereo e ai rifornimenti sauditi, e stanno ritirandosi nei loro territori tradizionali. Combattono ancora attorno a Sanaa, ma sono sulla difensiva, non all’attacco.  

L’intento dei Sauditi è di porsi non soltanto a capo di una alleanza sunnita capace di tenere a bada Hezbollah, gli Houthi e le tribù sciite del Bahrein, ma anche di presentarsi agli occhi della comunità internazionale come leader credibili ed equilibrati, capaci di agire per la stabilità e per la pace.

Ma quanta influenza possono davvero avere sui gruppi che si confrontano in Siria? Un esempio recente fa pensare che ne abbiamo poca o nulla. Gli Stati Uniti hanno addestrato, armato ed equipaggiato un gruppo speciale di 60 sunniti (la New Syrian Force) e a fine luglio lo hanno mandato in Siria con il compito di attaccare da terra l’ISIS nella zona di Aleppo insieme ad altri gruppi, debitamente informati e istruiti dai loro sostenitori e finanziatori in Arabia Saudita, Turchia e Qatar. Invece questi gruppi hanno voltato le spalle, mentre al Nusra (grosso gruppo di combattenti affiliato ad al Qaeda) li ha subito attaccati, uccidendone otto. La New Syrian Force ha dovuto ripiegare nella zona curda, dove lo YPG è l’unico gruppo che li ha accolti: gli altri li vedono come nemici, non come alleati!  

                                                                                       

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