Corruzione e anticorruzione:
come e perché

29/10/2015

Mentre i meccanismi della corruzione sono noti e ben rodati nella storia, quelli che la contrastano e la reprimono non sono altrettanto chiari e ovvi.

Negli ultimi due anni in molte parti del mondo sono scoppiati scandali che hanno coinvolto e destabilizzato i governi e spesso riguardato anche l’opposizione, per comprovata corruzione grave e continua. In Brasile lo scandalo Petrobras ha messo a rischio il governo; in Messico il presidente Enrique Pena Nieto è sotto indagine in una serie di casi, oltre che per la fuga dal carcere del narcotrafficante Joaquin "El Chapo" Guzman;  in Guatemala un’indagine ha portato alle dimissioni il presidente Otto Perez Molina. A Zurigo è stato costretto alle dimissioni dalla FIFA il presidente storico Joseph Blatter, in Romania il primo ministro Victor Ponta sta cercando di salvarsi dall’accusa di evasione fiscale e corruzione; in Moldavia il governo sta per crollare perché non sa spiegare la sparizione di oltre un miliardo di dollari dalle banche. In Turchia il presidente Erdogan, suo figlio e un gruppo di ministri sono accusati di corruzione in numerose indagini, mentre in Cina la campagna anticorruzione lanciata dal presidente Xi Jinping ha già fatto cadere i più influenti membri permanenti del Politburo. In Malesia il primo ministro Najib Razak corre il rischio di cadere perché non sa spiegare la provenienza di 700 milioni di dollari sui suoi conti bancari.  

Questi sono soltanto i casi più eclatanti degli ultimi mesi: altre centinaia di casi meno eclatanti si stanno dibattendo in tutto il mondo − Italia inclusa. Anche indagini di natura industriale, apparentemente non politica, come quella sulla Vokswagen, nascono dalla grande attenzione prestata in questi ultimi tempi ai rapporti fra governi e grandi aziende. È innegabile che un’eccezionale campagna anti-corruzione è in atto contemporaneamente in tanti paesi del mondo. Perché? Non è facile dirlo. Cause e scopi possono  essere diversi e sommarsi nel raggiungere l’effetto. Sicuramente i social media oggi permettono di esporre rapidamente a un’opinione pubblica allargata i casi di malaffare che un tempo si riuscivano invece ad insabbiare.

Sappiamo che economie dipendenti in larga misura dall’estrazione di risorse minerarie, che sono monopolio di stato, favoriscono sistemi stabili di grande corruzione a tutti i livelli di governo, ma quando i prezzi delle materie prime diminuiscono e le aziende estrattive perdono utili e perdono mercato (come succede in tutto il mondo in questo periodo), la corruzione viene alla luce, perché economicamente insostenibile.

Sicuramente in alcune società la percezione del favoritismo familiare o tribale, un tempo accettato come ‘normale’ , è cambiata a causa sia della crisi economica, sia della maggiore informazione su come funzionano le società più sviluppate e moderne.

Inoltre la geopolitica insegna che i paesi con un territorio e una popolazione frammentata, difficile da governare, sono più propensi alla corruzione, perché la politica tende a mantenere il controllo con la concessione di vantaggi economici speciali. Lo sappiamo bene anche noi Italiani, che inondiamo di denaro le regioni a statuto speciale per evitare che si sviluppino movimenti secessionisti, o tentativi di insurrezioni come quella in Alto Adige negli anni ’60.  

Samuel Huntington sosteneva che la corruzione è il modo in cui le istituzioni cercano di mantenere il potere quando sono deboli.

Samuel Huntington sosteneva che la corruzione è il modo in cui le istituzioni cercano di mantenere il potere quando sono deboli. Secondo Huntington questo è vero per ogni istituzione, indipendentemente dall’aver carattere democratico oppure no. Tutte cercano di compensare con la corruzione il potere e il prestigio che non hanno, o che hanno perso. Quando le istituzioni diventano del tutto inefficaci, la corruzione può addirittura rappresentare un modo per renderle più efficienti: fa prendere decisioni a burocrazie che altrimenti sarebbero bloccate da iper-regolamentazione e gigantismo.

Ma che cosa alimenta l’attuale ondata di indagini anti-corruzione? I paesi e la aziende coinvolti negli scandali di questo periodo paiono avere in comune una storia recente di grande e rapido sviluppo, che però ora non è più sostenibile.

La Banca Mondiale ha sviluppato indici di misurazione del tasso di ‘controllo della corruzione’ negli stati: più scandali vengono alla luce e più processi vengono condotti, maggiore è il livello di ‘controllo della corruzione’. La classificazione annua degli stati in base a tale indice dal 1996 in poi, affiancata all’andamento del PIL e del debito pubblico negli stessi anni, permettono di avanzare ipotesi confortate dai dati. In tempi di grande sviluppo, quando abbonda il credito, fioccano gli investimenti e il governo rilascia concessioni miliardarie, la corruzione dilaga. C’è tanto grasso che cola, che distribuirne ai vari livelli di governance e ai vari enti che rilasciano i permessi pare un gesto di generosità che non danneggia nessuno. Nei periodi di stabilità anche il livello di corruzione si stabilizza. Non scoppiano scandali, non si fanno indagini. Se c’è un’indagine, si ferma ai bassi livelli, senza coinvolgere grandi personalità. 

Ma dopo la grande crisi globale del 2008-9 la crescita si è fermata ovunque, o ha rallentato molto.  Questo ha reso molto più dura non soltanto la competizione economica, ma anche quella politica. L’opinione pubblica è diventata più attenta e meno disposta a sopportare i costi della politica e della corruzione. In quasi tutti gli stati sono andati al governo partiti e persone nuove. A ogni cambio di governo si notano nelle statistiche della Banca Mondiale picchi di crescita del tasso di controllo della corruzione: scoppiano più scandali, si fanno più indagini e ci sono più condanne. Le prove per le condanne sono più facili da raccogliere perché i politici sotto attacco tendono a reagire aumentando la corruzione, cioè le prebende e le tangenti a chi rimane loro fedele. Come dice Huntington, un’istituzione indebolita ricorre di più alla corruzione per mantenere il potere. Questo è lampante nel caso di Erdogan in Turchia. Dopo aver distrutto il potere pluridecennale dei militari con processi e condanne per corruzione, Erdogan ha creato una sua rete di attività economiche e di gruppi ‘protetti’. Quando è stato a sua volta accusato di corruzione, non ha tentato di difendersi, ma ha aumentato apertamente i favori e le prebende a chi gli è fedele, aumentando lo scandalo nell’opinione pubblica.

Il successo dell’attuale ondata di indagini è in parte dovuto alla politica degli Stati Uniti, che stanno usando la lotta alla corruzione come strumento di politica internazionale. Lo scandalo che portò alle proteste di piazza Maidan in Ucraina e alla caduta del vecchio governo si valse di elementi raccolti grazie all’aiuto di istituzioni USA.  In Romania gli Stati Uniti stanno offrendo assistenza all’intelligence locale per rafforzare la Direzione Nazionale Anticorruzione, che è riuscita a incriminare molti politici e membri del governo. In Centro America gli USA pongono come condizione per la concessione di aiuti economici che le istituzioni locali perseguano efficacemente la lotta contro i narcotrafficanti. La Commissione Internazionale contro l’Impunità, in collaborazione con istituzioni USA, è riuscita a far cadere il presidente Otto Perez Molina in Guatemala! In non pochi casi di clamorosi procedimenti internazionali sono state le istituzioni americane a fornire gli elementi di prova per l’incriminazione, come nei casi recenti della Volkswagen e della FIFA. 

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