La “sauditizzazione” dell’economia saudita

16/09/2016

L’Arabia Saudita ha lanciato una nuova campagna per la “sauditizzazione”, progetto pluridecennale volto a sostituire lavoratori immigrati con cittadini sauditi. Il 5 settembre tutte le attività legate alla vendita e alla riparazione dei telefoni cellulari hanno dovuto raggiungere il traguardo della “completa sauditizzazione”. Durante i sei mesi concessi per la transizione alcuni negozianti hanno dovuto chiudere e altri sono stati multati.

I lavoratori sauditi costano di più rispetto agli stranieri, sia in termini di salario sia di efficienza. I passati tentativi di “sauditizzazione” non hanno avuto successo, in parte perché i cittadini sauditi sono riluttanti ad accettare lavori faticosi o pericolosi, in parte perché nessuno ha provveduto a fornire la formazione e l’istruzione necessaria per prepararli ai lavori che dovrebbero svolgere. Ma considerando l’alto tasso di disoccupazione giovanile (circa il 12 %), la popolazione in crescita e la diminuzione degli introiti derivanti dal petrolio, il governo saudita ha ora più che mai motivo di portare avanti il progetto. La popolazione (circa 31 milioni di persone) è caratterizzata da un’età media bassa, un’aspettativa di vita inferiore ai 75 anni e una notevole scarsità di donne rispetto agli uomini.

Il primo piano di “sauditizzazione” fu proposto a settembre 1994, tra il 2002 e il 2006 ne apparvero versioni più dettagliate. Dal 2011 il ministero del lavoro e dello sviluppo ha adottato un nuovo piano, noto come sistema “nitaqat” o delle categorie, che suddivide le imprese in categorie di diverso colore a seconda di quanti Sauditi impiegano: blu e verde indicano imprese altamente “sauditizzate”, giallo e rosso imprese scarsamente “sauditizzate”. Il piano ha funzionato, almeno inizialmente. Alla fine del 2014 soltanto il 14% delle imprese saudite si trovavano ancora nelle categorie gialle o rosse.

Il governo saudita sta ora creando un sistema che migliori la comunicazione tra il ministero del lavoro, i governi centrali e regionali e i vari settori che attuano la “sauditizzazione”. I fautori della nuova campagna garantiscono che per valutare le prestazioni delle imprese si terranno in considerazione anche aspetti qualitativi come la quantità di donne impiegate e la sostenibilità dei lavori offerti. L’iniziativa sarà di competenza del Ministero del lavoro e dello sviluppo sociale. Tuttavia il sistema scolastico non è ancora all’altezza degli obiettivi di “sauditizzazione" e le aspettative sociali delle donne rimangono pressoché invariate. La società saudita oppone molta resistenza ai cambiamenti. Se il governo non punterà a cambiare anche la società, il piano di “sauditizzazione” andrà incontro ancora una volta a un nulla di fatto.

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