L’esempio del Vietnam, non seguito dall’Africa

20/09/2017

Greg Mills spiega le ragioni del successo nel processo di crescita del Vietnam a partire dagli anni ’80, a confronto con gli errori dell’Africa Subsahariana.

Nel 1975 il governo vietnamita, dichiaratamente comunista, cercò di sviluppare un’economia controllata, con l’aiuto annuo di 1 miliardo di dollari dall’Unione Sovietica. Come tutti gli esperimenti di economia pianificata centralizzata, il piano fallì terribilmente e la vita divenne molto difficile per i vietnamiti.

Tuttavia a partire dal 1986 il programma governativo Doi Moi (“rinnovo”) di liberalizzazione economica, che permetteva ai contadini di tenersi una fetta di quello che fino a quel momento era una produzione collettivizzata, ha permesso una crescita annua dell’8%. La filosofia alla base del Doi Moi era una struttura di sviluppo guidata dallo stato per attirare investimenti privati (soprattutto esteri) e per generare capacità imprenditoriale attraverso l’iniziativa privata, in particolare nell’agricoltura. Questa combinazione ha avuto come risultato una spettacolare crescita economica che ha posto le condizioni dello sviluppo sociale e della prosperità individuale. Il settore privato è stato ingranaggio di crescita ed è stato riconosciuto come tale sia dal governo che dall’intera società. Il Vietnam, da importatore di riso, è diventato il secondo esportatore mondiale dopo la Tailandia. L’aumento di produzione è stato determinato dalla liberalizzazione. Il Vietnam ha pensato attentamente al futuro della produzione agricola, ha messo il dogma comunista in secondo piano nella scala degli interessi nazionali e ha riconosciuto che il settore agricolo è il fondamento della stabilità sociale e dello sviluppo economico. La Cina di Deng Xiao Ping aveva fatto altrettanto dopo la morte di Mao, avviando così la grande corsa verso la crescita da cui il Vietnam prese esempio.

Il Vietnam e i paesi dell’Africa Subsahariana condividono molti aspetti socio-economici: tre quarti della popolazione dipende dal settore rurale, la produzione agricola è focalizzata su piccoli proprietari terrieri. Piccoli miglioramenti in agricoltura possono portare grandi cambiamenti positivi per le popolazioni rurali africane, che rappresentano la maggioranza della popolazione.

Qui però le similitudini finiscono, sfortunatamente. Le politiche di sviluppo africane sono state, fin dall’indipendenza, anti-agrarie, parzialmente perché i partiti politici africani (e le loro élite) avevano le loro radici nelle zone urbane. Questo si è tradotto in grandi sussidi per la popolazione urbana – soprattutto in tempo di elezioni − e bassi prezzi per i produttori rurali.

I paesi africani hanno tradizionalmente la peggiore performance del settore agricolo in tutto il mondo. Una produzione così bassa, unita a infrastrutture povere e alti costi di trasporto, ha minato lo sviluppo di lungo termine dell’Africa rendendo più difficile l’esportazione dei surplus alle città, dove il cibo è perciò troppo caro. Questo può rivelarsi un catalizzatore della tensione politica, specialmente negli ambienti urbani.

L’agricoltura è una delle storie del potenziale africano non realizzato. Questo settore non è soltanto la via per avviare la crescita anche in altri settori e migliorare complessivamente la vita di 600 milioni di persone occupate nella produzione agricola: mitiga anche i rischi dello sviluppo, tra cui il rischio che le economie africane rimangano ostaggio delle variazioni di prezzo delle materie prime, considerata la loro dipendenza dal petrolio e dall’attività estrattiva. L’agricoltura fornisce le risorse per l’autosufficienza delle campagne e la vendita del surplus in città, dove le persone possono impegnarsi in attività al di là alla sussistenza. Questa è la genesi dell’industrializzazione e della diversificazione economica. L’Asia dell’Est ha mostrato l’importanza di liberare innanzitutto l’agricoltura, per poi usare i profitti della produttività e della sicurezza alimentare per sviluppare l’industria manifatturiera.

Perché l’Africa ha fallito nel realizzare il potenziale di questo settore nel periodo post-coloniale? Perché, afferma Greg Mills, i leader africani perseguono altri obiettivi, sia personali che politici. Non perseguono il benessere della popolazione nel suo complesso, né hanno una visione di lungo periodo delle conseguenze delle scelte politiche.

La globalizzazione può contribuire ad accelerare lo sviluppo se i governi attuano una strategia per lo sviluppo”, afferma Dani Rodrik nel suo libro La Globalizzazione Intelligente. Un governo impegnato ad avviare la diversificazione economica e capace di infondere energia alle attività private del paese stimola anche l’afflusso di capitali esteri. Ma i mercati abbandonati ai loro meccanismi riescono raramente a fornire gli incentivi necessari al miglioramento del sistema produttivo locale − è necessario l’intervento fattivo dei governi per dar vita a un fulcro di attività imprenditoriale dinamica.

Il Vietnam ha riconosciuto che il settore agricolo è il fondamento della stabilità sociale e dello sviluppo economico, mentre le politiche di sviluppo africane sono state, fin dall’indipendenza, anti-agrarie. Questo si è tradotto in grandi sussidi per la popolazione urbana e bassi prezzi per i produttori rurali.

Il Vietnam ha riconosciuto che il settore agricolo è il fondamento della stabilità sociale e dello sviluppo economico, mentre le politiche di sviluppo africane sono state, fin dall’indipendenza, anti-agrarie. Questo si è tradotto in grandi sussidi per la popolazione urbana e bassi prezzi per i produttori rural

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