Pearl Harbour, o della guerra per incomprensione reciproca

17/12/2019

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Negli anni ’20 e ’30 la difesa americana sui mari si basava su tre piani strategici: il Piano Nero prevedeva la possibilità di una guerra con la Germania, il Piano Rosso prevedeva la possibilità di una guerra con l’Impero Britannico (allora ancora molto potente sugli oceani), il Piano Arancione prevedeva la possibilità di una guerra con il Giappone. Agli stati maggiori sembrava che sarebbe stato presto necessario attuare il Piano Arancione contro il Giappone.

Il Giappone era allora una grande potenza industriale che dipendeva assolutamente dall’accesso alle risorse minerarie (anche agricole) del sud est asiatico, perciò doveva avere il controllo dei mari circostanti, dunque anche delle Filippine. Gli USA pensavano che i Giapponesi avrebbero certamente attaccato e invaso le Filippine, che erano allora un protettorato americano. Gli USA glielo avrebbero lasciato fare, ma poi avrebbero attaccato la flotta giapponese e l’avrebbero distrutta, grazie alla loro superiorità navale, applicando il Piano Arancione. 

I Giapponesi però avevano accordi di fondo con la Francia e l’Inghilterra, le cui flotte commerciali e militari garantivano loro l’accesso al commercio con le Filippine e tutto il sud est asiatico, perciò per 20 anni non attaccarono le Filippine. Ma quando Francia e Inghilterra furono attaccate dalla Germania nazista le loro flotte dovettero abbandonare il sud est asiatico, mettendo a grave rischio l’economia giapponese. Nel 1940 i Giapponesi decisero di attaccare davvero le Filippine per continuare ad avere accesso alle risorse da cui dipendeva la loro economia (avevano già il controllo delle sponde coreane e cinesi). Ma i Giapponesi ormai sapevano del Piano Arancione: appena avessero attaccato i porti delle Filippine, gli USA avrebbero lanciato il poderoso attacco da tempo preparato. Decisero perciò di attaccare gli USA a sorpresa e distruggerne la flotta a Pearl Harbour prima di attaccare le Filippine. A posteriori pare ovvio. Ma lo stato maggiore americano non l’aveva previsto. Così gli Stati Uniti entrarono nella Seconda guerra mondiale secondo modalità impreviste e quasi senza poter usare i piani strategici messi a punto per vent’anni.

I Giapponesi avrebbero potuto aprire trattative con gli USA e stringere accordi perché fossero gli Americani a garantire gli scambi di cui il Giappone aveva bisogno; nel 1941 gli USA sarebbero stati ben contenti di aver il Giappone schierato dalla loro parte. Invece i Giapponesi erano certi che gli USA avessero come primo obbiettivo strategico la distruzione della loro potenza, perciò non tentarono neppure un approccio diplomatico. Entrambe le parti avevano una visione errata degli obiettivi e delle paure del rivale. Non si parlarono e si arrivò alla guerra per incomprensione reciproca. Poi, come sempre succede in guerra, vinse la parte che aveva maggiori risorse, perché poteva resistere più a lungo e produrre armi più potenti.

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