La guerra ideologica per la conquista d’Europa è in corso

15/02/2022

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Ho letto ‘L’arco dell’impero, con la Cina e gli Stati Uniti alle estremità’ pubblicato nel 2021 da LEG Edizioni, tradotto e introdotto dal generale Fabio Mini. Si tratta della prima traduzione in una qualsiasi lingua occidentale di quest’opera, pubblicata in Cina nel 2016. Non so se compiacermene o dolermene, perché dietro le parvenze di un saggio di geopolitica economica l’opera è un libello, cui il prestigio del Curatore mi pare offra eccessiva attendibilità. È uno strumento (alquanto grossolano, peraltro) di guerra ideologica anti-americana per conquistare le simpatie degli Europei, nel caso specifico degli Italiani.

Da cittadina italiana ed europea ne sono irritata e prevedo una cascata di becere e dannose contrapposizioni ideologiche nei nostri partiti. Ne sono anche addolorata a livello personale profondo, perché considero gli USA e la Cina le mie seconde patrie. Entrambi i paesi hanno avuto un ruolo molto importante nella mia esperienza di vita e li conosco entrambi piuttosto bene, come spiegherò ora brevemente. Sì, sono stata fortunata.

In USA ho vissuto da adolescente negli anni ’50 con una borsa di studio; lì mi sono diplomata, lì ho amato come una seconda famiglia coloro che mi ospitarono per un anno, con cui intrattenni rapporti di grande affetto e di totale fiducia fino ai loro ultimi giorni di vita. Ho trascorso frequentemente le mie vacanze negli USA, mi sono laureata in letteratura americana e inglese, sono iscritta da decenni a ottimi centri americani di analisi geopolitica e geoeconomica.

In Cina andai la prima volta ad agosto del 1972, ma avevo già importato qualche container di prodotti dalla China National Arts and Crafts Import and Export Corporation negli anni precedenti. Stimolati dalla curiosità e dalla speranza di poter un giorno visitare la Cina, l’allora mio marito e socio ed io ci presentammo all’ufficio di rappresentanza cinese a Parigi nel settembre 1969, incuriositi da un solo campione e da un bigliettino da visita esposti in una minuscola bacheca ad una fiera. Quella curiosità ci cambiò la vita. Divenimmo quasi subito distributori esclusivi per l’Italia, senza averlo chiesto, su richiesta dei Cinesi stessi. Studiai po’ di cinese e qualche testo di storia, poi andammo in Cina, poco dopo aprimmo un nostro ufficio al Peace Hotel (che nostalgia!) a Shanghai, successivamente altri uffici in diverse città cinesi; presto ci allargammo in altri paesi del sud-est asiatico. Dal 1978 la Cina cambiò e crebbe sempre più velocemente. Organizzammo reti di vendita e di distribuzione capaci di gestire senza intoppi ventisette milioni di paia l’anno in tempi in cui tutto era ancora fatto manualmente, creammo una joint venture, poi un’altra decina… Per circa trent’anni dedicai quattordici ore al giorno di lavoro – tutti i giorni − a quell’impresa, che intanto aveva creato e utilizzato il marchio de fonseca (oltre a diversi altri marchi meno noti) e aveva rinunciato ad una ormai ingestibile esclusiva di vendita di tutte le Arts and Crafts cinesi in Italia. Strinsi rapporti di profonda fiducia e di vera amicizia con decine di funzionari e di fabbricanti cinesi con cui ebbi occasione di incontri costanti per moltissimi anni, dapprima soltanto in Cina, poi anche in Italia, ospitandoli a casa mia, infine anche in occasione di decine di fiere in tutti i paesi occidentali.

Ammiro la Cina e la sua popolazione intelligente, attiva, attenta a ogni dettaglio, capace di grandi imprese e di grandi sacrifici, obbediente all’autorità suprema eppure dotata di spirito di iniziativa, estremamente flessibile e adattabile. In effetti l’obbedienza dei Cinesi all’autorità anche in situazioni intollerabili è la cosa che mi ha sempre lasciata più interdetta.

Qiao Liang è l’alto ufficiale ai cui scritti e ai cui discorsi è affidata sin dal 1999 la proclamazione pubblica degli obiettivi strategici della politica commerciale cinese. Sul nostro sito lo abbiamo già nominato ad agosto del 2015 nell’articolo ‘One belt, one road e la sfida agli USA’ (che trovate qui a fianco) che riassumeva brevemente in italiano i contenuti di un testo di Qiao Liang pubblicato in inglese da Limes. Erano già i temi trattati in ‘L’Arco dell’Impero’, ora aggiornati, approfonditi e ribaditi più e più volte, con toni sempre più aspri, senza timore di affermare anche evidenti falsità, fin dall’introduzione. Un insulto all’intelligenza dei lettori. Ecco qualche esempio: ‘All’epoca dei fatti dell’11 settembre il 70% della popolazione statunitense impiegata lavorava nella finanza o nei servizi finanziari’ (pag 63). Probabilmente non si arrivava ad una percentuale del genere neppure contando come addetti a ‘servizi finanziari’ anche i cassieri dei supermercati, gli amministratori di condominio e i contabili delle ferrovie.

Qiao Liang accusa costantemente gli USA di imperialismo tramite l’imposizione al mondo della propria moneta, ed è un’accusa su cui si può concordare, riconoscendo però che è un tipo di imperialismo che non soltanto permette, ma stimola lo sviluppo economico e tecnologico dei paesi partners, come è successo ai paesi europei dopo la Seconda guerra mondiale, come è successo alla Cina stessa negli anni ’80 e ’90. Bene lo sanno i Cinesi che oggi hanno settant’anni e hanno vissuto e lavorato prima dell’afflusso dei grandi investimenti esteri in dollari nella loro economia, prima della costruzione delle grandi fabbriche tecnologicamente all’avanguardia nelle zone economiche speciali da parte di aziende giapponesi, americane, taiwanesi, sud coreane, che hanno permesso alla Cina di diventare in trent’anni la potenza economica e tecnologica che è oggi, partendo da condizioni di estrema povertà e di grande arretratezza tecnologica. Ma non lo sanno i giovani. Lo ricordo bene io, che per circa un decennio ho cercato in altri paesi e portato in Cina non soltanto macchinari per la produzione, ma persino colle e chiodi particolari, che i Cinesi non sapevano più fare perché la rivoluzione culturale aveva messo nei campi di ‘rieducazione’ e fatto morire di stenti i vecchi esperti di produzione, i chimici, gli imprenditori artigiani. Scrive invece Qiao Liang: ‘In pratica si è trattato di un saccheggio. Perché questa globalizzazione non ha fatto altro che portare alcune Nazioni all’indigenza e persino alla bancarotta, gettando delle basi importanti per la nascita del terrorismo (pag 64) … infatti ‘al contrario di quanto sostiene Bush jr, i terroristi non sono ostili alla libertà e alla democrazia americane’ (pag. 65). Viene quasi da ridere a leggere queste baggianate. Il miliardario saudita Osama bin Laden, ispiratore e finanziatore di al Qaeda, avrebbe fatto crollare le Torri Gemelle per proteggere il suo popolo dalla povertà, pur apprezzando la libertà e la democrazia?

Scrive ancora Qiao Liang che gli Stati Uniti ‘hanno incorporato risorse e prodotti globali, oltre al commercio di tutto il mondo, nel sistema di regolamento del dollaro; non hanno saccheggiato apertamente le risorse e le ricchezze degli altri Paesi, però le hanno scambiate con un pezzetto di carta verde che a loro costa quasi niente, il che in pratica è un saccheggio invisibile’ (pag 68), e si chiede ‘Ma come ci sono riusciti?’ Dopo alcune considerazioni la sua risposta è che ‘la cosiddetta egemonia del dollaro, con il suo particolare sistema, ha di fatto fornito all’umanità una nuova forma di civiltà, diversa da tutte le precedenti: la civiltà finanziaria’. Il Generale avrebbe potuto trovare l’origine della civiltà finanziaria nella storia del suo antico e grande Paese. Fu infatti l'imperatore cinese Hien Tsung della dinastia Tang a introdurre nell’anno 806 le prime banconote, con cui l’Imperatore garantiva di avere in custodia dell’oro a fronte di quel pezzo di carta. Ovviamente tutti si fidavano della parola dell’Imperatore, perché era l’Imperatore, e nessun cittadino osava chiedere di portarsi l’oro a casa propria. La corte cinese aveva già ben capito la natura del denaro: strumento per misurare la fiducia, ma non ha utilità in sé. Come denaro sono sempre stati utilizzati minerali di ben scarsa utilità per la vita: conchiglie, oro, argento. Non il ferro, perché il ferro serve per costruire strumenti utilissimi quali le frecce e gli aratri, perciò viene utilizzato per il consumo, non viene tesaurizzato. Non sarebbe possibile usare come denaro né cibo né legno, né fibre tessili, non soltanto perché sono deperibili, ma perché si tratta di beni che consumiamo per le necessità di vita. Ciò che è utile alla vita noi lo consumiamo, non lo teniamo come testimonianza del prestigio e della fiducia di cui godiamo. Il mezzo di misurazione del prestigio e della fiducia è sempre un oggetto sostanzialmente inutile, autorevole perché garantito da chi gode della massima fiducia, ed è bene che sia anche maneggevole e bello. Che cosa c’è di più maneggevole e di più bello di una raffinata piccola stampa su carta, firmata da chi rappresenta ed esercita il massimo potere sotto il cielo?

Quanto all’uso che del denaro fa il potente di turno che garantisce quelle raffinate piccole stampe, è anch’esso sempre lo stesso fin dai tempi dell’impero Tang: comperare da altri popoli tutto ciò che migliora e rallegra la vita, rendendoli così dipendenti dalla propria benevolenza, ma soltanto dopo essersi garantito l’autonomia per tutto ciò che è essenziale alla vita. Un paese diventa egemone spendendo le proprie deliziose piccole stampe per importare beni e servizi da altri popoli, ma soltanto dopo aver raggiunto l’autosufficienza per tutto ciò che è indispensabile e per tutto ciò che lo rende forte, dunque credibile come garante. Un paese può essere egemone, oggi come in epoca Tang, se ha tre caratteristiche:

-          è autosufficiente per tutto ciò che è necessario alla vita della propria popolazione, cioè fondamentalmente cibo, fonti di energia e vie di trasporto e comunicazione (gli Stati Uniti oggi lo sono, lo era anche l’antico impero Tang);

-          ha confini facilmente difendibili da tentativi di invasione e un forte esercito. Gli Stati Uniti oggi controllano cieli e oceani – possono esser attaccati da qualcuno che giunge inosservato con un piccolo ordigno, come fecero i seguaci di Osama Bin Laden l’11 settembre 2001, ma non possono essere invasi e conquistati. Quanto alla Cina, tutti gli Imperatori protessero il cuore del paese conquistando i territori circostanti e facendoli colonizzare dal proprio popolo, oltre ad erigere protezioni imponenti come la Grande Muraglia;

-          l’egemone ha e mantiene il primato tecnologico, per cui continua a disegnare e produrre meglio degli altri gli strumenti utili per migliorare la vita del proprio popolo e per difendere terra, cieli e mari attorno a sé. La Cina ha avuto a lungo il primato tecnologico nella storia del mondo, oggi quel primato l’hanno gli Stati Uniti.

Non c’è nessun misterioso segreto nel sistema globale di regolamento del dollaro, non c’è nessuna nuova e pericolosa civiltà finanziaria: è la solita storia di tutti gli Imperi, il solito sistema delle civiltà egemoni, inclusa quella cinese, ma gestita su scala più ampia del passato perché oggi i mezzi tecnici lo permettono.

Forse prima o poi noi Europei diventeremo parte integrante di un sistema economico e culturale euroasiatico in cui saranno egemoni i Cinesi, forse ne saremo anche molto contenti, ma se per farci abbandonare la fiducia negli Stati Uniti, attuale paese egemone, il generale Qiao Liang pubblica libelli in cui ci tratta da babbei, si comincia male.

 

Laura Camis de Fonseca

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