La divisione ideologica e pratica tra Hamas e Jihad islamica

16/08/2022

Il trionfo di Israele nella Guerra dei Sei Giorni del 1967 screditò i movimenti nazionalisti panarabi e i leader laici, aprendo la via alla crescita dei Fratelli Musulmani egiziani, promotori dell’islam politico. Molti Palestinesi si unirono alla Fratellanza, per poi organizzare i propri movimenti islamici: Hamas e la Jihad Islamica. Negli anni i due movimenti sono diventati più importanti dei gruppi nazionali e laici come Fatah e il Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Nonostante la comune posizione anti-israeliana, oggi Hamas e Jihad islamica palestinese presentano forti diversità ideologiche e pratiche.

La Jihad Islamica Palestinese (PIJ) fu fondata nel 1981 da Fathi Shiqaqi, che riteneva Sheikh Ahmad Yassin, capo della Fratellanza nei Territori, troppo timoroso di combattere Israele. Il PIJ ha creato una propria organizzazione militare a Gaza e in Cisgiordania, ribattezzata Saraya al-Quds nel 1993, che poco dopo condusse il suo primo attentato suicida.

La teoria della guerra rivoluzionaria del PIJ unisce la millenaria tradizione islamica della guerra santa all’opposizione allo stato ebraico. Dopo la firma degli accordi del 1993, con cui l’OLP di Arafat rinunciava al terrorismo e alla violenza, il PIJ ha preso il sopravvento militare. La sua ideologia richiama allo scontro perpetuo con Israele, fino alla scomparsa dello stato ebraico. Rifiuta qualsiasi forma di conciliazione o interazione con gli Israeliani come violazione del dettato coranico. Il PIJ concentra la propria attività nella preparazione allo scontro militare ed evita il coinvolgimento nella politica, fino alla fine dell’occupazione.

L’Iran è visto come un modello rivoluzionario dal PIJ. Teheran sponsorizza le attività militari del PIJ, fornisce armi e denaro. Nel 2020 è morto Shallah, capo del PIJ, che si mostrava pubblicamente sprezzante nei confronti di Hamas e della sua preoccupazione per gli aspetti economici e sociali della politica e coordinava le questioni politiche e militari con Qasem Soleimani, comandante della Brigata Quds del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche fino al 2018.

I funzionari del PIJ sostengono che Hamas non è un movimento jihadista, né ha un’ideologia di liberazione nazionale. Da parte sua, Hamas non riconosce il PIJ come attore politico a Gaza e non lo ha mai coinvolto nei negoziati di tregua mediati dall'Egitto. Hamas è politicamente pragmatico e amministrativamente efficiente, ma non ha una netta ideologia politica; accusa il PIJ di conversione allo sciismo, fungendo da ponte per l’intrusione dell’Iran nella regione araba.

A differenza delle organizzazioni nazionali laiche di sinistra che subito dopo la Guerra dei Sei Giorni annunciarono piani per combattere Israele, Hamas, la cui apparizione formale coincise con la prima intifada nel 1987, non annunciò una strategia di resistenza militare fino al 1993. Ha costituito il proprio braccio militare, le Brigate Izz ad-Din al-Qassam, per rivaleggiare con la Saraya al-Quds del PIJ. La rivalità tra Hamas e il PIJ ha spesso portato ad attriti; i due gruppi misero da parte le loro divergenze dopo la formazione dell’Autorità nazionale palestinese a Gaza e Gerico nel 1994, perché entrambi rifiutavano gli accordi di Camp David.

Hamas e il PIJ stabilirono insieme il loro quartier generale a Damasco nel 1994, sebbene non si fidassero molto l’uno dell’altro. Il PIJ gareggiava con Hamas nel fornire servizi sociali e ottenere il sostegno della comunità. Hamas accusava il PIJ di rivendicare come proprie tutte le operazioni militari contro Israele, anche se condotte da Hamas. Il PIJ prese poi l’abitudine di violare gli accordi di cessate il fuoco negoziati da Hamas lanciando razzi contro Israele per mettere Hamas con le spalle al muro.

Hamas, come gli altri movimenti nati dalla Fratellanza, vede la questione palestinese come secondaria, preferisce promuovere la solidarietà religiosa e favorire la diffusione dei governi islamici. Concentra l’attività sulla diffusione della sua influenza in Cisgiordania e Gaza per sostituire la laica OLP come forza politica dominante. Il PIJ cerca di creare un ampio fronte islamico anti-israeliano, evitando ogni altra questione politica. Nel 2006 Hamas ha vinto le elezioni generali, ma l’OLP ha rifiutato di cedere il potere a Gaza, giungendo a uno scontro militare vinto da Hamas, in cui il PIJ ha mantenuto la neutralità.

Oggi Hamas è il governo de facto a Gaza e nessuno può fare nulla senza il suo permesso. Nel 2009 ha schiacciato Jund Ansar Allah, un movimento salafita, uccidendone 22 membri all’interno di una moschea.  Nel 2015, Amnesty International ha accusato Hamas di aver condotto una brutale campagna contro i civili palestinesi e di giustiziarli senza processo.  

Le divisioni tra Hamas e il PIJ sono diventate pubbliche nel 2019 quando Israele ha assassinato il comandante militare del PIJ, Baha Abu al-Ata, dopo un fitto lancio di razzi in occasione di una manifestazione elettorale di Benjamin Netanyahu ad Ashdod, in Israele, vicino al confine con Gaza. Le coordinate per colpire Baha Abu al-Ata vennero fornite da Hamas agli Israeliani. Hamas arrestò e torturò alcuni militanti del PIJ per aver lanciato razzi contro gli insediamenti israeliani senza la sua autorizzazione.

La stretta cooperazione in materia di sicurezza a Gaza tra Israele e Hamas è ormai chiara. Le unità armate di Hamas controllano il territorio e le coste. La funzione principale di queste forze è impedire l’organizzazione di incursioni o il lancio di razzi su Israele da parte del PIJ. Come i funzionari della maggior parte dei paesi arabi, i leader di Hamas tengono colloqui dietro le quinte con gli Israeliani per discutere le disposizioni sulla sicurezza e il flusso di merci a Gaza. Hamas non vuole permettere al PIJ di sabotare i suoi accordi con Israele.

La politica israeliana del bastone e della carota è riuscita a contenere e domare Hamas. Isolata nella regione araba, parzialmente abbandonata dalla Turchia e diffidata dall’Iran, l’unica ancora di salvezza di Hamas viene dal Qatar, che, con il permesso israeliano, trasferisce ogni mese 30 milioni di dollari al governo di Gaza. La preoccupazione principale di Hamas è mantenere la pace a Gaza, governarla con il pugno di ferro ed estendere la sua influenza in Cisgiordania se la situazione lo consente.

Nel 2017 Hamas pubblicò una Carta del movimento − denominata “Documento di Principi Generali e Politiche − che accettava la creazione di uno stato palestinese entro i confini antecedenti la Guerra dei Sei Giorni, pur senza rinunciare a rivendicare l’intera Palestina. Il PIJ respinse con rabbia il documento. Hamas vi riformulava un documento del 1988 in cui sosteneva la creazione di uno stato palestinese sulle rovine di Israele e descriveva la Palestina come entità religiosa appartenente a tutti i musulmani e meritevole del loro sacrificio a un’entità territoriale nazionale. Nella versione rivista la Carta rinuncia indirettamente alla violenza rivendicando l’adesione alle leggi internazionali, sottolineando il rispetto del diritto internazionale umanitario. Questo allontana Hamas dalla Fratellanza, trasformandolo piuttosto in movimento politico di liberazione nazionale. Da quando ha revisionato il documento, Hamas ha cercato di convincere i paesi arabi e la comunità internazionale di essere un movimento credibile e razionale, degno di riconoscimento.

L’Autorità Palestinese (AP) della Cisgiordania è più debole che mai e non ha alcun controllo sui movimenti politici e sui gruppi paramilitari, la sua popolarità sta precipitando. Il capo dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas ha annullato le elezioni presidenziali e parlamentari dello scorso anno, temendo che il suo partito le perdesse. Israele ha sistematicamente indebolito l’AP, portandola a un’escalation del confronto con le fazioni palestinesi estremiste come il PIJ e le Brigate al-Aqsa. Hamas sta approfittando della graduale disintegrazione dell’Autorità Palestinese e sta costruendo la sua presenza in Cisgiordania. Nel 2007 ha espulso l’Autorità Palestinese da Gaza e ora si prepara al giorno in cui potrebbe darle il colpo di grazia anche in Cisgiordania. Israele è preoccupato per la Cisgiordania post-Abbas e si prepara all’eclissi dell’OLP, che lo libererebbe dall’onere del rispetto degli accordi di Camp David e dalla soluzione dei due stati.

Hamas è incoraggiato dai sondaggi dell’opinione pubblica palestinese che lo considerano più qualificato per amministrare la Cisgiordania rispetto all’Autorità Palestinese. Ha già iniziato uno sforzo per organizzare un colpo di stato morbido in Cisgiordania, per vincere le elezioni nelle università e nei sindacati e per controllare le organizzazioni della società civile. Hamas sta attraversando un processo simile alla transizione vissuta dall’OLP nei primi anni ’90: da organizzazione terroristica a partner per accordi politici. Hamas non è amico di Israele, ma, a differenza del PIJ, ha concluso che è inutile continuare a combatterlo.

 

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