L’insostenibile economia dell’Egitto

24/01/2023

Dal 1952, quando un gruppo di ufficiali dell'esercito rovesciò la monarchia, i governi egiziani si sono preoccupati prioritariamente della propria sopravvivenza. L'amministrazione del presidente Abdel Fattah el-Sisi non fa eccezione. Preso il potere nel 2013, promise di migliorare la qualità della vita del popolo, consegnare il sistema politico al controllo civile e non ricandidarsi alla presidenza. Poi rinnegò le promesse e lanciò massicci progetti di sviluppo economico a vantaggio dell'establishment militare piuttosto che della classe operaia. Il paese sta ora attraversando una profonda crisi economica con poche prospettive di ripresa.

I progetti di sviluppo avviati da el-Sisi mirano più a garantire la sopravvivenza del governo che a migliorare la salute dell'economia. Nel 2015 è stata avviata la costruzione di una nuova capitale amministrativa per un costo di 58 miliardi di dollari. La città ospiterà l'intera infrastruttura politica dell'Egitto, isolandola dall'opinione pubblica egiziana e da eventuali disordini sociali. È un progetto che rivaleggia con la costruzione del nuovo Canale di Suez, aperto nel 2015 e costato 8 miliardi di dollari. Il progetto avrebbe dovuto triplicare in pochi anni i ricavi da transiti nel canale, ma quest'anno porterà circa 8 miliardi di dollari, soltanto il 40% in più rispetto al 2020, quando le restrizioni del COVID-19 hanno soffocato il traffico marittimo globale.

La nuova capitale, situata appena fuori Il Cairo, dovrebbe ospitare fino a sei milioni di persone. Si tratta essenzialmente di un tentativo del governo di spostare il centro del potere politico ed economico lontano dal Cairo e dalla sua tendenza rivoluzionaria. I costi di trasferimento nella nuova capitale sono troppo alti per gli egiziani, perciò la capitale ospiterà principalmente famiglie benestanti, poco inclini a rivoluzioni e colpi di stato. Sono stati apportati vistosi cambiamenti alle infrastrutture di trasporto, che hanno portato alla parziale distruzione di monumenti architettonici storici. Lo scopo è poter utilizzare i nuovi ponti − 40 in totale, costruiti ad est della nuova capitale − per accelerare il movimento delle forze armate. Il governo teme il ripetersi degli eventi che hanno portato alla rivolta di massa del 2011, quando diverse stazioni di polizia in tutto il Cairo, in particolare nelle baraccopoli e nelle zone a basso reddito, sono state assaltate.

Prima di candidarsi per un secondo mandato nel 2018, el-Sisi ha dichiarato che non avrebbe cercato un terzo mandato ma avrebbe rispettato il limite costituzionale di due mandati quadriennali. Ora gli emendamenti approvati dal parlamento egiziano hanno esteso di due anni il mandato e hanno dato a el-Sisi il diritto di candidarsi per un ultimo mandato di sei anni nel 2024.

El-Sisi spesso invoca teorie di complotto come motivo del declino della sicurezza e della situazione economica. Pur riconoscendo che l'Egitto sta attraversando una vera e propria crisi, ritiene che la ripresa dipenda dalla volontà del popolo. Ma la base della crisi è una leadership composta da militari che non sanno gestire l'economia. L’unico modo in cui il governo ha affrontato la crisi è indebitandosi eccessivamente e imponendo più tasse. Sotto el-Sisi il debito estero dell'Egitto è cresciuto dal 15% del prodotto interno lordo nel 2013 a oltre il 90% lo scorso anno. Ciò non include il costo di costruzione della centrale nucleare di El Dabaa, del valore di 28,75 miliardi di dollari, e un servizio di treni ad alta velocità, del costo di 23 miliardi di dollari. Le entrate dell'Egitto in valuta estera non sono sufficienti per estinguere il debito, quindi il governo ha fatto ricorso a ulteriori prestiti per non essere inadempiente nei pagamenti. L'economia egiziana, sebbene diversificata, è stagnante e manca di competitività. La produzione agricola è insufficiente sin dai tempi del presidente Gamal Abdel Nasser. Un nuovo prestito di 3 miliardi di dollari del FMI (Fondo Monetario Internazionale) così come gli investimenti e le sovvenzioni dei paesi del Golfo, potrebbero stabilizzare temporaneamente l'economia. Ma a lungo termine l’economia del paese subirà un tracollo. Oggi più di un terzo dei 104 milioni di abitanti del paese vive con 3 dollari al giorno. Ma l'alleanza di El-Sisi con i militari prevale su ogni altro suo impegno.

Dal 1952, tutti i presidenti provengono dall'esercito, ad eccezione di Mohammad Morsi, sconfitto dall'esercito dopo un anno di governo. Tutti questi leader sapevano come gestire i rapporti con i militari, ma non avevano programmi per sviluppare l'economia. Finché continua così, ci saranno poche prospettive di riforma politica o di autentico sviluppo economico.

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