Il conflitto in Medio Oriente al 13 gennaio 2024

15/01/2024

Lo scambio di colpi fra Israele ed Hezbollah in Libano sì è intensificato a gennaio 2024. Gli attacchi sono iniziati ‘in segno di solidarietà’ con i terroristi subito dopo l’attacco di Hamas a Israele il 7 ottobre 23. Negli ultimi tre mesi sono stati uccisi nove soldati israeliani e quattro civili, più di 80.000 residenti israeliani sono stati evacuati dalle zone di confine. Dopo che Wissam Tawil, comandante delle forze d'élite Radwan di Hezbollah, è stato ucciso da un attacco israeliano, Hezbollah ha reagito con un attacco di droni al quartier generale dell'esercito israeliano a Safed, nel nord di Israele. Ma il Libano non è in condizioni di affrontare un grande confronto, il segretario di Stato americano Anthony Blinken chiede costantemente a Israele di non imbarcarsi in una vera grande guerra con Hezbollah, perciò è probabile che il conflitto rimarrà a bassa intensità

Le truppe americane in Iraq e Siria, rimaste nelle basi dopo la guerra all’ Isis, sono state attaccate dalle milizie appoggiate dall’Iran ben 130 volte dal 7 ottobre in poi. Non ci sono state vittime americane. Gli Stati Uniti hanno risposto sporadicamente. Il caso più grave è avvenuto il 4 gennaio scorso, quando a Baghdad è stato ucciso un leader della milizia responsabile degli attentati.

L’escalation più drammatica si è verificata con gli Houthi nello Yemen. Il danno che le loro azioni rappresentano per il trasporto marittimo internazionale è g rave ed ha scatenato reazioni da parte degli Stati Uniti e del Regno Unito.

Gli Houthi, che preferiscono essere conosciuti come Ansar Allah (“partigiani di Dio”), non sono burattini iraniani – prendono le proprie decisioni – ma i loro interessi sono allineati con quelli dell’Iran, che li arma e li addestra. Sono una tribù originaria dello Yemen del Nord. In termini religiosi sono sciiti zayditi. La loro identità sciita in uno Stato a maggioranza sunnita li ha trasformati in una forza radicale nella politica yemenita. Il governo yemenita ha cercato inutilmente di reprimerli in una guerra civile durata dal 2004 al 2010. Nel 2014 gli Houthi hanno preso il controllo della capitale Sanaa, hanno spodestato il presidente Abd Rabbuh Mansour Hadi e hanno fatto appello alla popolazione a ribellarsi contro la corruzione e l’incompetenza del governo. Nel 2010 L’Arabia saudita era entrata nella mischia inviando truppe e armi a sostegno del governo, ma senza successo. La guerra ha plasmato gli Houthi, rendendoli più intransigenti, più repressivi e più vicini all’Iran. Hanno capacità produttive locali di droni aerei e navali a lungo raggio, con componenti introdotte clandestinamente dall’Iran. È proprio il pericolo rappresentato ora dagli Houthi ad aver indotto i Sauditi e gli Emirati a sviluppare legami con Israele, nella speranza di ottenere l’accesso alla tecnologia difensiva israeliana.

Joe Biden ha tentato di sdrammatizzare la situazione togliendo gli Houthi dall’elenco dei gruppi terroristici soggetti a boicottaggio ed ha convinto i Sauditi a cercare una normalizzazione con i vicini. Nell’aprile 2022 è stata raggiunta una tregua, che ha lasciato agli Houthi il controllo dello Yemen settentrionale e di due terzi della popolazione totale dello Yemen, che è di circa i 20 milioni. Oggi l’80% della popolazione vive in povertà. Gli Houthi hanno rubato gli aiuti alimentari, imposto una serie di tasse per raccogliere fondi e chiesto ulteriore sostegno militare all’Iran. Hanno mantenuto un lungo assedio alla città sud-occidentale di Taiz causando la morte di almeno 223 000 persone per mancanza di cure mediche e di cibo, secondo i calcoli dell’ONU.

L’8 ottobre 2023, il giorno dopo gli attacchi di Hamas contro Israele, gli Stati Uniti hanno inviato portaerei, un incrociatore e tre cacciatorpediniere nel Mediterraneo orientale, per dissuadere l’Iran da qualsiasi intervento diretto. Lo stesso giorno sono iniziati gli attacchi quotidiani degli Houthi alla navigazione commerciale. Il 7 dicembre gli USA hanno annunciato sanzioni contro 13 persone ed enti finanziati dagli Houthi. Il 19 dicembre il segretario alla Difesa Lloyd Austin ha annunciato la formazione di una coalizione di venti nazioni che avrebbero inviato navi nel Mar Rosso, ma dodici dei venti paesi (inclusa l’Arabia saudita) hanno evitato di partecipare davvero alle operazioni. Il Mar Rosso è il punto di ingresso delle navi che utilizzano il Canale di Suez, che gestisce circa il 12% del commercio mondiale. Molte navi ora cambiano rotta e circumnavigano l’Africa, aumentando di molto tempi e costi di navigazione e danneggiando grandemente anche le entrate del governo egiziano.

 Da inizio gennaio gli scontri fra Houthi e forze degli USA e dei suoi alleati, soprattutto inglesi, sono quotidiani ed intensi, ma i morti accertati sono pochi, la popolazione non è stata colpita. Il presidente turco Erdogan ha accusato gli USA di voler “trasformare il Mar Rosso in un mare di sangue”, ma non è quello che sta succedendo. Peraltro è difficile sapere quanto le capacità di attacco degli Houthi siano state davvero danneggiata. L’ulteriore evoluzione della situazione dipenderà dall'atteggiamento dell'Iran. La nave iraniana che aiutava gli Houthi a mirare gli attacchi ha lasciato l'area. Per ora l’Iran pare voler evitare le possibilità di un confronto diretto. Se così è, il conflitto potrebbe non allargarsi ulteriormente.

 

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