Iraq
un anno di scelte

09/01/2009

Di J. Scott Carpenter, apparso sul  Washington Post del 23 dicembre 2008   In Iraq nel 2009 si terranno almeno dieci diverse elezioni: elezioni provinciali, elezioni municipali e dei consigli distrettuali.  Inoltre vi sarà il referendum sull’accordo di sicurezza con gli Stati Uniti. Sono inoltre previsti altri referendum su Kirkuk e sulla possibile creazione di una regione autonoma nel sud del paese, sul modello del Kurdistan iracheno. Infine, alla fine dell’anno venturo, si terranno le elezioni parlamentari.   Ogni elezione porterà con sé una risposta ai problemi critici del paese: riuscirà l’Iraq a liberarsi degli scontri settari? Riusciranno i Sunniti occidentali a riprendersi quello spazio abbandonato nel 2005? Le autorità locali riusciranno a ottenere maggiore indipendenza da Baghdad? Vi saranno altre regioni federali oltre al Kurdistan? Si riusciranno a evitare gli scontri a Kirkuk? Vi sarà una transizione di potere pacifica da un governo all’altro?   Queste domande non sono di facile risposta, ognuno di questi aspetti rappresenta un potenziale rischio per il governo e per gli Stati Uniti, che vorrebbero ritirarsi dal paese entro il 2011, se non prima.   Molti continuano a pensare che la democrazia in Iraq sia solamente il prodotto dell’immaginazione ideologica del presidente George Bush.   Di fatto per una nazione fragile la politica rappresenta l’unica speranza per decidere del proprio futuro. L’amministrazione Obama dovrà lavorare per preservare la democrazia e  difendere le conquiste ottenute, e dovrà mandare un chiaro segnale per far intendere di essere particolarmente interessata alla stabilità irachena. Se la politica dei partiti venisse abbandonata, inizierebbe a regnare la legge del fucile, con drammatiche conseguenze per un paese così altamente militarizzato.   Secondo il Brooking Institution’s Iraq Index, le forze di sicurezza irachene constano di 558.279 unità a fronte di una popolazione di 29 milioni di abitanti. A queste si sommano poi 106.000 peshmerga curdi, 100.000 Figli Sunniti dell’Iraq e 60.000 membri della milizia di Moqtada al Sadr.   Se la politica fallisse, il paese cadrebbe certamente in una sanguinosa guerra.  

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