Tensioni e sospetti
tra India e Cina

08/12/2009

Il primo dicembre 2009 il ministro per le comunicazioni e l’informatica indiano ha deciso di bloccare il servizio a 25 milioni di telefoni cellulari fatti in Cina privi di codice di identificazione, perché “mettono a repentaglio la sicurezza del paese e possono essere utilizzati da gruppi criminali e da terroristi.”

Negli ultimi mesi la tensione fra India e Cina è aumentata per diverse ragioni: dispute territoriali, problemi con i visti di lavoro, malintesi su nuovi progetti edili, etc.

L’India e la Cina confinano per un lungo tratto. In passato le montagne sono sempre servite ad evitare che i due giganti asiatici entrassero in competizione fra loro, ma nell’era moderna la rivalità è cresciuta notevolmente. Dalla fine della seconda guerra mondiale Cina e India sono diventate nazione indipendenti, libere dal controllo straniero, e con il miglioramento dei mezzi di trasporto hanno iniziato a proiettare il loro potere attraverso l’Himalaya (vedi mappa a lato).  

Le dispute territoriali si sono intensificate negli anni.

·      Nel 1959 con l’esilio del Dalai Lama, rifugiatosi in India, iniziarono le prime dispute sul confine del Tibet;

·      nel 1962 Cina e India si fecero guerra e la Cina occupò la regione di Aksai Chin, una parte del Kashmir che Nuova Delhi rivendica tuttora;

·      la Cina invece rivendica la sovranità sull’Arunachal Pradesh, che si trova nella parte nordorientale dell’India.

Le due potenze tuttora sono piuttosto diffidenti l’una dell’altra, ma a partire dall’inizio del 2009 la tensione ha iniziato a manifestarsi apertamente e gli scambi di accuse si sono fatti più intensi.

Nuova Delhi guarda con sospetto alla crescente interdipendenza economica e agli scambi diplomatici fra Stati Uniti e Cina, tanto che durante l’ultimo incontro alla Casa Bianca il primo ministro indiano Manmohan Singh ha dichiarato che la “crescita economica della Cina è dovuta soprattutto alla gestione autoritaria del potere” e ha poi rivendicato il valore della democrazia di India e Stati Uniti.

Altre cause rischiano di aumentare ulteriormente la tensione.

Innanzitutto c’è il problema della sicurezza del Sudest Asiatico, che si sta facendo sempre più preoccupante, specialmente ora che gli Stati Uniti si preparano ad inviare altre truppe in Afghanistan.  L’India cerca costantemente di contenere le minacce provenienti dal vicino Pakistan – ancora nel novembre del 2008 terroristi pakistani, probabilmente legati all’ISI (servizi segreti pakistani) hanno effettuato una serie di attentati a Mumbai. Il Pakistan è alleato della Cina, e quindi gli Indiani temono di essere accerchiati da potenze ostili, soprattutto ora che gli Stati Uniti, avendo bisogno dell’aiuto di Islamabad nella lotta contro i Talebani, potrebbero chiudere un occhio sulle attività pakistane anti-indiane. Nuova Delhi sa di poter trattare apertamente con Washington, ma non può che guardare con preoccupazione alle mosse della Cina, che da sempre appoggia militarmente il Pakistan. 

Inoltre la crisi economica ha moltiplicato i problemi economici fra Cina e India. Di tanto in tanto i governi delle due potenze si appellano ai sentimenti nazionalisti per ottenere l’appoggio dell’opinione pubblica nelle battaglie contro il rivale. Le autorità indiane hanno iniziato a controllare i visti di circa 25.000 lavoratori cinesi e vi sono buone probabilità che ne siano espulsi almeno 1.000, soprattutto muratori e tecnici di costruzioni: il Ministero degli Affari Esteri infatti ha iniziato a rifiutare i visti ottenuti esagerando le qualifiche dei lavoratori emigrati in India. In risposta i Cinesi il 30 novembre scorso hanno chiesto agli Indiani di bloccare immediatamente la costruzione di una strada lunga 8 km vicino alla Linea di Controllo (di fatto la linea di confine fra le due potenze) nella parte sudorientale del Ladakh, che fa parte del tanto conteso Jammu e Kashmir. 

I Cinesi recentemente hanno iniziato i lavori per la costruzione di una diga e di una centrale idroelettrica (la Zangmu Water Power Station) sul fiume Yarlung Zangbo (Brahmaputra).

Il fiume nasce in Tibet, ma prosegue poi in India e in Bangladesh. Gli Indiani si oppongono a questo progetto, perché sostengono di non essere stati informati dell’inizio dei lavori. La diga avrà una dimensione  imponente (per produrre 510 megawatt) e ridurrà di molto il flusso d’acqua a valle – secondo fonti del Bangladesh di circa un terzo – danneggiando così la popolazione che vive lungo il fiume.

L’ultima decisione indiana di bloccare i cellulari cinesi ha senza dubbio motivazioni legate alla sicurezza, ma si tratta anche di una misura protezionista, dato che la Cina esporta enormi quantità di telefoni in India – circa un terzo dei 100 milioni di cellulari venduti in India ogni anno sono di fabbricazione cinese. In passato Nuova Delhi si è più volte servita della sicurezza come arma protezionista, ad esempio quando ha negato ai Cinesi l’autorizzazione a sviluppare  infrastrutture portuali.

Le leadership di India e Cina hanno sino ad ora fatto molta attenzione a mantenere la tensione a livelli accettabili, per evitare che la situazione degeneri e sfoci in un conflitto aperto. È auspicabile che la situazione rimanga in equilibrio anche nel futuro.

 

A cura di Davide Meinero

 

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