Russia:
ingerenza attraverso la scuola?

10/02/2014

Il Ministero degli Esteri russo ha annunciato un nuovo progetto di “Scuola russa all’estero” per promuovere lingua, costumi e cultura russa in circa cinquanta paesi stranieri. L’iniziativa ha lo scopo ufficiale di agevolare l’inserimento nel contesto russo di lavoratori e investitori stranieri. L’ Istituto Pushkin − un centro linguistico statale con sede a Mosca − gestirà il progetto sotto la supervisione del Ministero degli Esteri. Il governo ha già assegnato al progetto circa 46 milioni di dollari. Esistono già centri simili, gestiti e finanziati da enti vari, con filiali a Parigi, Londra e New York. Organizzano corsi per uomini d’affari, investitori e avvocati che vogliono imparare la lingua e conoscere il diritto commerciale russo. Centri linguistici russi sono presenti anche in Tagikistan e in Kirghizistan, paesi d’origine di molti migranti.

La promozione della lingua e della cultura russa fu già strumento fondamentale dell’egemonia russa sulle aree periferiche dello stato federale ai tempi dell’Unione Sovietica. Le Repubbliche Sovietiche dovettero adottare l’alfabeto cirillico e dal 1960 in poi il sistema d’istruzione sovietico impiegò esclusivamente il russo. L’obiettivo era la creazione di un’identità comune tra le diverse popolazioni dell’Unione, riducendole a una sola, da mantenere sotto l’influenza di Mosca. Al momento del crollo dell’URSS i programmi scolastici ufficiali offrivano pochissimo spazio alle lingue minoritarie. Ora la Russia cerca di rafforzare la propria influenza sui paesi vicini, in cui vivono moltissimi Russi, attraverso la scuola russa, ma probabilmente il programma fomenterà molte opposizioni.

È il caso dell’Ucraina, ora scossa da proteste nazionaliste anti-russe. Il russo è la lingua più usata in molte zone dell’Ucraina, come il Donbass e la Crimea, e dal 2012 è divenuta la lingua ufficiale in alcune regioni. Secondo un sondaggio realizzato nel 2012, soltanto il 55% degli Ucraini considera l’ucraino la propria lingua materna, per il 40% la lingua materna è il russo. In Ucraina la frattura linguistica segna anche una profonda spaccatura politica, una viscerale opposizione tra il fronte filo-occidentale e quello filo-russo.

Anche la Moldavia è divisa tra la Russia e l’Occidente. Circa il 30% della popolazione della Transnistria − regione favorevole alla secessione filorussa − è di origine russa. L’Unione Europea vorrebbe una maggiore integrazione della Moldavia e il rafforzamento degli accordi commerciali, ma la Russia cerca di ostacolare i piani europei.

I Paesi Baltici saranno probabilmente i più fermi nell’opporsi ai progetti russi. Lettonia, Estonia e Lituania hanno rispettivamente il 27%, 25% e 10% di popolazione di lingua russa e Mosca fa leva su queste consistenti minoranze per ingerire negli affari interni dei tre paesi. I commenti al progetto russo non si sono fatti attendere. Il Ministro dell’istruzione lituano ha affermato che il suo paese offre già programmi di lingua russa in sessantacinque scuole, e che qualsiasi programma linguistico sarà sottoposto esclusivamente al controllo del governo lituano. Il Ministro dell’istruzione estone ha sottolineato che paesi stranieri possono istituire scuole in Estonia soltanto se rispettano le leggi estoni e internazionali. La Lettonia ha espresso con forza la propria avversione al progetto, definendolo inaccettabile e rifiutando di accordare permessi e autorizzazioni. Il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha replicato dicendo esplicitamente che il programma si incentrerà proprio su Lettonia, Estonia e Lituania.







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