Il Mediterraneo, la Russia
e l'Europa

03/02/2015

Francesco Sisci pubblica il 2 febbraio 2015 una analisi magistrale degli interessi strategici russi nel Mediterraneo su ‘Il sussidiario.

Eccone un breve riassunto in italiano.

Nell’anno 2000, quando Putin salì al potere, la Chiesa Ortodossa Russa canonizzò l’ammiraglio Fyodor Fyodorovich Ushakov (1745-1817), che aveva operato il ‘miracolo’ di fondare il primo porto e la prima base militare russa a Sebastopoli, in Crimea, e che durante le successive guerre napoleoniche aveva strappato ai Francesi le isole Ionie e Corfù, facendone il primo nucleo del futuro stato nazionale greco. Ushakov è oggi ricordato come ‘liberatore e padre’ dell’indipendenza nel museo militare di Salonicco. 

La Russia era allora alleata dell’Inghilterra, ed entrambi i paesi giocarono un ruolo di grande importanza non soltanto nell’indipendenza della Grecia, ma anche nel permettere ai Savoia di unificare l’Italia, respingendo definitivamente l’egemonia della Francia sulla Penisola.

Oggi gli Stati Uniti hanno ereditato gli interessi che un tempo erano degli Inglesi nel Mediterraneo, ma non l’allineamento di interessi con la Russia. ‘Il conflitto in Ucraina in realtà è nato in Siria’ scrive Sisci. Rovesciare Assad significa anche togliere ai Russi il porto di Tartus, unica base russa nel Mediterraneo. Contemporaneamente alla crisi siriana, in Ucraina scoppiava la rivolta contro il governo filo-russo di Yanukovitch, interpretata da Putin come il tentativo di togliere alla Russia anche la Crimea e i porti sul Mar Nero, oltre a toglierle il controllo dei gasdotti che attraverso l’Ucraina portano il gas russo in Europa. L’Unione Europea si opponeva anche alla costruzione del gasdotto South Stream, che avrebbe portato il gas russo al sud dell’Europa senza attraversare l’Ucraina, e sosteneva invece la costruzione del Nabucco, che doveva portare il gas dai giacimenti dell’Asia Centrale in Europa evitando di attraversare la Russia, spezzando cos? il semi-monopolio russo sull’energia necessaria all’Europa. L’unico ‘amico’ di Putin in Europa era Berlusconi, e questo irritava molto i partner europei del nord. Berlusconi cadde.

Oggi la Russia è in gravi difficoltà per il crollo del prezzo del gas e del petrolio. Il petrolio russo ha un costo di estrazione di circa 90 dollari il barile, ma si vende a poco più di 30 dollari sul mercato. Sul gas la Russia ha ancora un margine di utile, ma insufficiente a mantenere il livello di spesa pubblica previsto dal bilancio dello stato. I gasdotti, gli oleodotti e le rotte marittime di vitale importanza per l’economia russa non sono mai totalmente sotto controllo russo, per motivi geografici. I rivali – o presunti tali - possono costantemente metterli a repentaglio. Putin non può correre il rischio di sperare che le intenzioni altrui non siano ostili, e lasciar correre. Deve impedire la piena coesione politica dell’Unione Europea, che può essere ostile agli interessi russi. Per questo Putin negli ultimi anni ha finanziato la nuova destra europea, nazionalista ed antieuropeista, oltre che l’estrema sinistra, anch’essa oggi antieuropeista perché contraria alle politiche di austerità. Inoltre ha sempre avuto interlocutori amichevoli nelle sfere più alte della politica italiana. Caduto Berlusconi, rimanevano comunque come interlocutori comprensivi sia Napolitano sia gli ex comunisti del PD. Ma l’elezione di Mattarella, che non ha mai avuto legami con la Russia, secondo Sisci ha dato un brutto colpo alle speranze di Putin di mantenere alleati in Italia. 

Una nuova possibilità geopolitica si offre oggi alla Russia. A differenza degli scorsi secoli, l’Europa e gli USA non sono più il centro economico e politico del globo in termini assoluti. Si sta affermando la Cina. La Russia è il ponte geografico fra Cina ed Europa, e può sfruttare questa posizione collaborando sia con la Cina sia con l’Europa, rendendosi indispensabile a entrambe. La Cina è già pronta a finanziare la ferrovia Pechino-Berlino con 242 miliardi di dollari.

Sisci termina qui la sua analisi. Noi aggiungiamo che probabilmente Putin e la Russia oggi non sono in grado di affrontare il cambiamento culturale e politico necessario per concepire una diversa visione del mondo e della strategia russa. Potrà forse farlo una successiva generazione. Per noi Italiani un solido asse Berlino-Mosca-Pechino con sviluppo di traffici prioritari via terra significherebbe ritrovarci ancor più relegati alla periferia economica e politica del mondo, e in posizione tale da essere assaliti da qualunque nemico dell’Europa si avvicini dall’emisfero sud. Non è proprio una prospettiva allettante…

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