Saranno i rifugiati a far cadere il simulacro di Unione?

26/01/2016

L’Austria ha annunciato che nel 2016 accoglierà soltanto 37500 rifugiati, contro i 90000 dello scorso anno. Non ha detto come limiterà il numero, che cosa succederà ai migranti che si presenteranno alle frontiere quando la cifra prevista sarà superata.

La Germania ha annunciato la reintroduzione dei controlli alle frontiere meridionali, cioè la sospensione selettiva degli accordi di Schengen. Non è il primo paese dell’UE a sospendere gli accordi di Schengen, ma che ora sia la Germania a farlo significa la fine certa ed effettiva di Schengen, cioè del principio della libera circolazione delle persone all’interno dell’Europa, l’aspirazione di generazioni di Europei per tutto il 1900, che consideravamo finalmente realizzata.

Nel 2015 la Germania ha accolto più di un milione di rifugiati, con preoccupanti reazioni politiche e sociali interne, che ora spingono il governo tedesco a cercar di prevenire l’arrivo di grandi quantità di rifugiati anche nel 2016. Come? Con due azioni: indurre la Turchia a fermare il flusso di rifugiati in uscita e distribuire i rifugiati fra tutti i paesi dell’Unione Europea. Ma la mancanza di coesione politica fra i paesi europei ha fatto fallire entrambi i progetti: la Turchia non ha preso provvedimenti, né ha ricevuto il contributo di tre miliardi di dollari promesso dalla Merkel a nome dell’Unione Europea per accogliere e tenere i rifugiati in Turchia; i paesi dell’Unione hanno bellamente ignorato il piano di ripartizione dei rifugiati preparato dalla Commissione Europea.

Salvo colpi di coda imprevisti e improbabili, il fallimento dell’Unione Europea nell’affrontare i grandi problemi decreta la fine di questo tipo di Unione. O si trova abbastanza coesione da iniziare a creare istituzioni politiche comuni, o presto l’Europa sarà soltanto un accordo di libero scambio, con politiche nazionali autonome. Non reggerà neppure la moneta comune, perché la politica monetaria da sola non può sopperire alla mancanza di ogni altra politica comune.

All’inizio della grande crisi finanziaria ed economica del 2008 gli Stati Uniti hanno adottato una serie di politiche coordinate, che hanno portato al pieno superamento della crisi: il tasso di disoccupazione è tornato a livelli normali, produzione e commercio sono fiorenti, è stata persino raggiunta l’indipendenza energetica. L’Europa non si è ripresa. La politica di austerità fiscale imposta dalla Germania ai paesi dell’Eurozona – pur necessaria – produce soltanto disoccupazione e povertà se non è accompagnata da politiche industriali e sociali mirate allo sviluppo. Anche in campo economico è dunque evidente il fallimento di questa Unione. Inutile voler far finta che così non sia. Le istituzioni reggeranno per inerzia, finché disporranno di finanziamenti, ma la loro inutilità è ormai ovvia. O gli Europei fanno l’Europa politica, o Dio salvi l’Europa e gli Europei, perché gli uomini non lo faranno. 

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