Accordo Fatah-Hamas per il controllo del varco di Rafah?

11/02/2016

I Palestinesi di Hamas (che controllano Gaza) e quelli di Fatah (che controllano la West Bank) hanno raggiunto in Qatar una bozza di accordo per la riconciliazione e la costituzione di un governo di unità nazionale. È l’ennesimo accordo sulla carta, che potrebbe rimanere lettera morta come quelli precedenti. Ma questa volta c’è un elemento che coinvolge altri interessi regionali: il controllo del varco di Rafah fra Gaza e l’Egitto, vitale per l’economia di Gaza, passerebbe a Fatah, Hamas si ritirerebbe all’interno. Perché? Per convincere l’Egitto a riaprire il varco. Spaventato dagli stretti rapporti fra Hamas e i Fratelli Musulmani egiziani, oltre che con gruppi jihadisti estremisti che compiono attentati nel Sinai, il governo egiziano a cavallo fra il 2014 e il 2015 ha usato il pugno duro con Gaza: ha inondato e poi sigillato i varchi sotterranei attraverso i quali passavano ogni giorno decine di camion carichi di ogni tipo di mercanzia, incluse le armi, che fruttavano ad Hamas una bella rendita, perché su ogni carico di contrabbando Hamas estrae una ‘tassa’. Se il controllo del valico passa nella mani di Fatah, e Fatah si impegna a impedire il passaggio di terroristi anti-egiziani, può darsi che il governo egiziano si lasci convincere a riaprire i sotterranei e torni a chiudere un occhio sul contrabbando. 

Il 10 febbraio in Svizzera si sono incontrati a porte chiuse anche i rappresentanti di Israele e Iran: secondo indiscrezioni, sul tappeto c’era proprio la questione di Hamas a Gaza e del controllo del varco di Rafah. L’accettazione israeliana della responsabilità di Fatah sui varchi di Gaza potrebbe migliorare i rapporti non soltanto fra Israele e Gaza, ma anche quelli fra Israele e Turchia, perché proprio la Turchia si è assunta il ruolo politico di ‘protettrice’ degli interessi di Gaza nella regione.

Hamas e altri gruppi palestinesi hanno messo in atto da mesi una ‘terza intifada’: ogni giorno singoli jihadisti attaccano e cercano di uccidere singole persone in Israele. Il risultato è stato però deludente per i jihadisti: nonostante lo stillicidio quotidiano di attacchi e di morti, Israele non si è fatto intimidire e la popolazione arabo-palestinese non si è lasciata coinvolgere in una insurrezione generalizzata. Tutti hanno paura di aprire un nuovo focolaio di guerra civile nella regione. Un recente sondaggio ha rivelato che soltanto il 48% dei Palestinesi simpatizza con questa ‘terza intifada’, gli altri la temono e ritengono che avrà conseguenze negative per la loro vita. 

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