Anarchismo e jihadismo a confronto

25/03/2017

Scott Stewart, specialista di intelligence, in un articolo del 16 marzo per Stratfor traccia un parallelo fra i percorsi di diffusione dell’anarchismo nel XIX e XX secolo e quelli del jihadismo contemporaneo.

Le due ideologie condividono alcuni tratti: hanno aspirazioni universalistiche, diffondono propaganda a livello internazionale, fanno appello diretto a singoli individui non tramite organizzazioni territoriali e gerarchiche come i partiti tradizionali, ma utilizzando le tecnologie di comunicazione più avanzate.

Per la radicalizzazione dei seguaci e per la raccolta fondi entrambe le ideologie utilizzano la celebrità mondiale di alcuni personaggi, che soggiornano e predicano in varie parti del mondo. Il jihadismo si è diffuso grazie a personaggi come Abdullah Azzam, Omar Abdul-Rahman soprannominato ‘lo sceicco cieco’, Osama bin Laden, Anwar al-Awlaki, Abu Bakar Bashir e Abu Musab al-Zarqawi. Costoro hanno raggiunto una celebrità e un’importanza ideologica e politica paragonabile a quella rivestita nei secoli scorsi da Proudhon e Kropotkin, Alexander Berkman e Mikhail Bakunin, ispiratori o registi di innumerevoli attentati anarchici in tutto il mondo.

Prendiamo ad esempio l’assassino del presidente americano William McKinley nel 1901, Leon Czolgosz. Era venuto a Chicago poche settimane prima per incontrare un suo idolo, Emma Goldman, un’accolita di Berkman che aveva già partecipato a un attentato fallito nel 1892. Così Umar Farouk Abdulmutallab, autore del fallito attentato aereo con esplosivo nascosto nelle mutande, nel 2009 andò in Yemen a incontrare al-Awlaki; così Nidal Hasan, autore dell’attacco a Fort Hood in Texas, entrò in contatto via internet con i dirigenti di al Qaeda a pochi mesi dell’attentato. In tutti questi casi la ricerca del contatto avvenne per iniziativa del seguace che si era già radicalizzato e che sentiva il bisogno di conoscere personalmente il personaggio celebre che era già diventato il suo punto di riferimento.

Sia gli anarchici sia i jihadisti sono sempre in fuga e vivono nascosti per sfuggire alla cattura, ma spostandosi da un luogo all’altro della terra diffondono ancor meglio il loro messaggio ideologico, perché imparano a capire bene la lingua, la cultura e la vita delle popolazioni in mezzo alle quali si nascondono. La loro comunicazione diventa così più efficace e di ampia portata. Bakunin, ricercato dalle autorità zariste, attraversò gli USA e poi si fermò a Londra. Invece il suo seguace tedesco Johann Most fece il percorso opposto lasciando Londra per gli USA, dove ‘lavorò’ con Berkman e Goldman. A poca distanza Luigi Galleani, in fuga dalla Francia e dalla Svizzera, organizzava gruppi anarchici che tramavano attentati negli USA, finché venne deportato in Italia nel 1919. Londra e New York divennero così centri attivi della propaganda anarchica di personaggi che non avevano nulla a che fare con l’Inghilterra e gli USA. In queste città libertà di parola, rispetto dei diritti personali e curiosità intellettuale diffusa permettono alle ideologie eversive e terroristiche di avere ascolto tramite discorsi, giornali, libri, raduni. Così Parigi nel XX secolo fu una delle fucine sia del radicalismo islamista (Khomeini), sia del radicalismo comunista (Pol Pot).

Anche i jihadisti contemporanei si spostano per il mondo. Bin Laden, sotto pressione in Arabia Saudita, andò in Sudan e poi in Afghanistan. Lo sceicco cieco e al-Zarqawi rimasero a lungo nel New Jersey e poi in Afghanistan, liberi di operare alla luce del sole. Londra è addirittura chiamata Londonistan perché ha accolto (e mantenuto con sussidi sociali) personaggi come Abu Hamza al-Masri e Omar Bakri Muhammad.

Come evitare la diffusione delle ideologie assassine? La storia ci dice che uccidere un’ideologia con strumenti politici e culturali non è possibile: le ideologie semplicemente diventano obsolete, sono sostituite da altre. Gli stati trovano modi per combatterne le conseguenze, per prevenire attentati. Ma vecchie code rimangono: a febbraio 2017 a Baltimora c’è stata una sparatoria all’interno di una libreria gestita da un anarchico in onore di Emma Goldman! Qualche piccolo gruppo anarchico si ritrova ancora in molti paesi al mondo, anche se la forza dell’ideologia anarchica è ormai irrisoria. Le ideologie non muoiono mai del tutto.

Il successo di una ideologia nel farsi governo di stato fa sì che le sorti dell’ideologia vengano associate a quelle del governo stesso. La conquista comunista del potere in Unione Sovietica ha fatto sì che l’ideologia comunista perdesse il suo vigore col crollo dell’Unione Sovietica.

Così avverrà anche per il jihadismo: subirà un duro colpo quando gli Iraniani si ribelleranno agli Ayatollah, facendo cadere il primo governo islamista di successo nella storia. Ma non finirà del tutto, rimarrà nell’armadio delle ideologie storiche ammuffite e inservibili, pronto a essere rispolverato di tanto in tanto, in periodi di particolari difficoltà e incertezze. 

Uccidere un’ideologia con strumenti politici e culturali non è possibile: le ideologie semplicemente diventano obsolete, sono sostituite da altre. Gli stati trovano modi per combatterne le conseguenze, per prevenire attentati. Ma vecchie code rimangono.

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