Africa: risorse naturali e realtà geopolitiche

15/09/2021

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L’Africa ha grande abbondanza di risorse naturali. La tabella a fianco mostra che percentuale detiene dei giacimenti globali dei minerali più ricercati. Del coltan, indispensabile in qualunque apparecchio digitale, detiene addirittura l’80% delle riserve mondiali. Ma questo non ha agevolato lo sviluppo geopolitico, economico e sociale delle popolazioni africane. Il Niger, ad esempio, è uno dei paesi più poveri al mondo, eppure è ricco di giacimenti di uranio, oro, ferro, carbone e petrolio.

Quattro sono gli aspetti tipici della geopolitica africana:

-          la grande frammentazione del potere e l’ineguale distribuzione delle risorse;

-          i frequenti e prolungati conflitti interetnici, le guerre civili;

-          l’interferenza di varie potenze straniere sia nei conflitti sia nelle politiche di governo;

-          la ricerca continua di sistemi di integrazione e cooperazione economica, nonostante le difficoltà.

In Africa ha luogo oltre un terzo delle guerre civili e interetniche del mondo, sempre originate dalla competizione per il controllo di alcune risorse, anche se il linguaggio della politica tende a dar loro motivazioni più nobili parlando di libertà, diritti, autonomia. Si pensi ai prolungati conflitti in Nigeria, Liberia, Sierra Leone, Angola, Congo, Sudan. I paesi la cui economia si basa fondamentalmente sull’esportazione di risorse naturali anziché su produzioni che richiedano numerose operazioni di trasformazione e molte diverse competenze sono quelli in cui più facilmente si scatena la violenza per il controllo delle risorse. La violenza armata non serve molto per egemonizzare produzioni che richiedono molte competenze tecnologiche, capacità artigiane, capacità di progettazione, ma può controllare un numero limitato di minatori schiavizzati, che possono estrarre con pochi macchinari enormi ricchezze dal suolo.

Più ovvio è il movente delle guerre di frontiera fra stati, per annettersi aree minerarie ricche. Le zone dell’Africa in cui in passato si sono accesi conflitti di frontiera per il controllo delle risorse sono:

-          la striscia di Aozou, fra il Chad e la Libia, ricca di uranio e petrolio, che fu sempre oggetto di disputa fra Italia e Francia in epoca coloniale, poi fu invasa e annessa da Gheddafi negli anni 1970;

-          l’area di frontiera fra Burkina Faso e Mali ad Agacher, ricca di gas naturale e molti altri minerali, che fu oggetto di guerra nel 1974 e nel 1985.

La decisione di mantenere i confini coloniali anche dopo la decolonizzazione per non scatenare guerre territoriali, si è rivelata non soltanto inutile ma dannosa nel caso del Golfo di Guinea, nel cui sottofondo ci sono enormi giacimenti di gas e idrocarburi, che gli stati rivieraschi si contendono ferocemente. La Penisola di Bakassi, ad esempio, è stata contesa in guerre fra Nigeria e Camerun nel 1981, nel 1994 e nel 1886. Nel 2002 la Corte Internazionale di Giustizia ha riconosciuto la sovranità del Camerun, che ha subito sollevato un nuovo problema: vuole una parte delle acque territoriali attualmente appartenenti alla Guinea equatoriale. La Guinea equatoriale e il Gabon sono coinvolti in una disputa che dura dagli anni ’70 per le isole di Conga, Cocotier e Mbaniè, nelle cui acque territoriali ci sono importanti giacimenti di idrocarburi.

Ci sono poi le guerre civili fra regioni diverse all’interno dello stesso stato. La più nota è la secessione nel 1967 del Biafra, regione che contiene i due terzi del petrolio della Nigeria. Ne nacque una terrificante guerra civile che durò fino al 1970. I Biafrani vennero affamati e morirono a milioni.

In Senegal dal 1982 al 1993 il gruppo etnico Diola, che abita nel Casamance, la regione agropastorale più ricca dello stato, cercò di rendersi indipendente con una lunga guerriglia armata.

Il Congo, ex Zaire, è il paese dove i conflitti interetnici per le risorse minerarie sono sempre stati più numerosi e più prolungati: in Katanga, in Kivu, Kwilu e Kasai, in Upper Congo. Ai gruppi armati locali si aggiungono bande criminali dall’Uganda, dal Ruanda e dal Burundi. Secondo l’UNEP (United Nations Environment Program) i gruppi armati criminali si dividono un bottino di risorse provenienti illegalmente dal Congo del valore di 1,3 miliardi di dollari l’anno.

La storia del Sudan del Sud è esemplare. Lo stato si rese indipendente dal resto del Sudan nel 2011 dopo otto anni di guerra civile, che iniziò con la guerra in Darfur, l’attacco delle milizie delle tribù nomadi contro le tribù sedentarie agricole. Quel conflitto fece 400 000 vittime in tre anni e fu immediatamente seguito da una guerra civile più vasta fra il nord musulmano e le tribù prevalentemente cristiane del sud. Ma dall’indipendenza in poi è ripresa una guerriglia interna nel Sud Sudan per il controllo dei vasti giacimenti di petrolio presenti nel Paese.

Nei rapporti economici con potenze di altri continenti, stati e regioni africane subiscono l’influenza non soltanto delle potenze coloniali europee, ma anche quelle del Giappone, dell’India e soprattutto della Cina. La cooperazione con queste potenze straniere porta molte opportunità di sviluppo, ma anche più corruzione e nuovi incentivi ai conflitti fra tribù e regioni, man mano che ora l’uno ora l’altro paese cercano il sostegno di parte della popolazione per ottenere migliori condizioni di accesso alle risorse territoriali. 

 

Per vedere le mappe della distribuzione delle risorse africane aprire il Power point in calce.

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