Ucraina, Israele e la possibile evoluzione delle due guerre

25/11/2023

Lawrence Freedman, professore emerito di War Studies al King’s College di Londra, sostiene che è urgente giungere a definire il concetto di vittoria ucraina, visto che Kiev non ha intenzione di invadere territori russi e che le posizioni russe nella parte orientale dell’Ucraina sono difficili da conquistare e probabilmente tali resteranno.

È sempre possibile che il fallimento in Ucraina possa portare a sconvolgimenti in Russia. Questo sembrò accadere con l’ammutinamento della Wagner, ma il futuro del regime dipende dagli eventi a Mosca e all’interno della Russia, non da quanto accade sul fronte ucraino. Perciò una vittoria ucraina dipende, oggi come ieri e probabilmente come domani, dalla decisione della Russia che non vale la pena continuare la guerra, è meglio cercare una via d’uscita pacifica. Ma la Russia non cederà i territori che già controlla in Ucraina, salvo piccoli aggiustamenti di confine. Questo è il motivo per cui tutti gli accordi di pace proposti richiedono che Kiev conceda del territorio e che la Russia prometta di non aggredire il resto dell’Ucraina. Ma chi propone questi accordi sa bene che una “pace” che lasci entrambe le parti insoddisfatte non può durare, è soltanto un intermezzo prima della prossima guerra.

C’è però da considerare che Putin e il suo governo hanno comunque perso, anche senza cedere territori occupati. Hanno perso i loro obiettivi politici: prendere il controllo dell’Ucraina, dividere l’UE ed espellere gli Stati Uniti dalla politica europea. E la storia russa è spietata con i perdenti. Nel 1905, dopo la sconfitta del Giappone, lo zar dovette concedere una costituzione e reprimere duramente le tremende ribellioni interne; nel 1917 i comunisti rovesciarono l’impero zarista dopo la sconfitta con la Germania; nel 1989, l’URSS crollò dopo la disfatta in Afghanistan. Non c’è motivo di pensare che il destino di Putin sarà diverso e Putin ne è consapevole.

L’unica via d’uscita per Putin potrebbe essere un accordo con gli Stati Uniti. Ci sono stati colloqui tra William Burns, direttore della CIA e ottimo conoscitore della Russia, con importanti personaggi legati al governo russo nella scorsa primavera, quando gli USA decisero di non appoggiare l’ammutinamento del capo della Wagner, ma non hanno avuto seguito.

In alternativa, Putin potrebbe sperare che la guerra si diffonda altrove. Se, ad esempio, si diffondesse a macchia d’olio in Medio Oriente e in altri luoghi, Putin potrebbe ridipingere la sua sconfitta come una resistenza vittoriosa contro un’offensiva occidentale su tutti i fronti. Ci sta già provando. Una situazione simile si verificò con Stalin durante la seconda guerra mondiale. Nel 1939 fraintese le intenzioni di Hitler e quasi perse il suo paese, fino al dicembre 1941, quando gli Stati Uniti si schierarono con Mosca, le fornirono attrezzature e gettarono la guerra sotto una luce completamente diversa.

Il conflitto a Gaza offre a Putin tempo e opportunità per elaborare e promulgare all’interno una visione convincente della efficiente ‘resistenza’ russa, ma non è ancora evidente se e come ci riuscirà.

Sta emergendo una nuova caratteristica del Medio Oriente. Negli ultimi 50 anni i paesi arabi hanno accettato il ricatto ‘morale’ e politico prima dell’OLP, poi di Al Qaeda e dell’ISIS. Ora a quanto pare non vogliono ripetere l’esperienza con Hamas. Sembrano voler veder finire Hamas ed essere liberi di perseguire i propri obiettivi, senza aver le mani legate dall’estremismo radicale. Ciò è particolarmente importante ora che le entrate petrolifere si stanno assottigliando e si cercano nuovi motori di crescita.

?Anche l’Europa, che negli anni ’60 e ’70 sosteneva largamente i Palestinesi, dopo l’ondata di attacchi terroristici di Al Qaida e ISIS è più favorevole alla repressione di Hamas, ma non può esporsi troppo a favore di Israele perché ha ormai una larga percentuale di popolazione musulmana. È difficile che Hamas ed i Palestinesi riescano ad ampliare la guerra su tutti i fronti, ma è difficile che l’Occidente sostenga a lungo la reazione di Israele.

Questa situazione aggiunge un nuovo livello di complessità alle due guerre in corso e rende più ardua la guerra ibrida russa che, per esser credibile all’interno e ideologicamente sostenibile all’estero in quanto forma di resistenza indomita all’aggressività occidentale, dovrà avere il sostegno morale della Cina, sostegno che per ora non è davvero chiaro né certo.

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