La guerra tra Israele e Hamas sottolinea l'indecisione dell'Egitto

06/02/2024

È il titolo di un articolo del 6 febbraio 2024 di Hilal Khashan per Geopolitical Futures. Eccone la traduzione.

Come molti altri stati, l'Egitto è stato colto alla sprovvista dalla guerra tra Israele e Hamas. L'entità dell'attacco di Hamas del 7 ottobre ha lasciato all'Egitto poco spazio per mediare un cessate il fuoco, come ha fatto molte volte in passato. La risposta del Cairo è sintomo di un processo decisionale indeciso. Piuttosto che chiedere il cessate il fuoco, i funzionari egiziani si sono limitati a mettere in guardia contro l'espansione della guerra in altre parti del Medio Oriente. L'Egitto sta camminando sul filo del rasoio, non vuole né condannare categoricamente né sostenere l'attacco di Hamas. Il presidente Abdel Fattah al-Sissi non è preoccupato per il destino di Hamas, che è stretto alleato dei suoi acerrimi nemici, i Fratelli Mussulmani. È preoccupato per le implicazioni di vasta portata della modifica della realtà regionale, tanto più ora che il conflitto israelo-palestinese sembrava attenuarsi e alcuni paesi arabi, tra cui l'Arabia Saudita, sembravano accelerare i colloqui di pace con Israele.

Gli Egiziani hanno sviluppato una visione dei Palestinesi come facinorosi che vanno continuamente controllati dai servizi di intelligence del paese. È il risultato di una lunga serie di incidenti di alto profilo che hanno coinvolto gruppi palestinesi. Nel 1978 membri dell'organizzazione ultraradicale palestinese Abu Nidal assassinarono il ministro della cultura egiziano. Nel 1985, i membri della stessa organizzazione dirottarono un aereo di linea egiziano diretto a Malta. Nel tentativo di salvare i passeggeri, un commando egiziano lanciò un'operazione che uccise 56 ostaggi nel fuoco incrociato. Nel 2012, ignoti attentatori uccisero 16 soldati egiziani vicino al valico di Kerem Shalom, nel governatorato del Sinai settentrionale. Molti Egiziani hanno accusato Hamas di aver perpetrato l'attacco, che però Hamas nega.

I Palestinesi che tentano di fuggire da Gaza in Egitto subiscono discriminazioni e maltrattamenti. I Palestinesi che cercano di entrare in Egitto attraverso il valico di Rafah sopportano a lungo dure condizioni umanitarie, tra cui la carenza di acqua potabile e cibo, per non parlare dei prezzi astronomici dei beni di prima necessità e la mancanza di bagni pubblici. Le persone che si trovano bloccate al confine, compresi i bambini, gli anziani e i malati, devono aspettare giorni per attraversare la frontiera. I viaggiatori hanno descritto il viaggio come straziante e umiliante.

Quando il valico è aperto, i funzionari dell'immigrazione egiziana approvano soltanto un piccolo numero di richieste. Per far accettare la domanda, i viaggiatori devono pagare 3.000 dollari alle agenzie che lavorano con una mafia di ufficiali egiziani e di personale dei servizi segreti. In tempi di crisi sono comuni tangenti fino a 10.000 dollari a persona − di cui più del 90% va agli Egiziani. Molte persone sono state vittime di truffatori che promettono il passaggio pagando tangenti, per poi scoprire che i loro nomi non sono nella lista di domande approvate.

Queste mafie non hanno pietà per i feriti che cercano cure fuori Gaza: anche loro devono pagare 5.000 dollari per entrare in Egitto. Una donna palestinese che ha accompagnato un parente ferito in un ospedale del Cairo ha detto che il personale ospedaliero ha proibito ai Palestinesi feriti di acquistare schede SIM o di accedere a Internet. Inoltre né i pazienti né i parenti potevano entrare nella mensa dell'ospedale e dovevano comprare cibo dal personale di sicurezza, che faceva pagare prezzi esorbitanti.

Le guardie di frontiera egiziane chiedono ad Hamas 5000 dollari per ogni camion che entra a Gaza. Hamas paga anche il cibo che acquista in Egitto, che per lo più è scaduto o in scadenza. Gli abitanti di Gaza dicono di pagare sempre tutto il cibo ad Hamas, che sia donato da altri paesi o che sia acquistato. I prezzi sono altissimi. Il prezzo del sale ultimamente è salito da 10 centesimi a 5 dollari per libbra.

Il re di Giordania ha sollecitato el-Sissi ad aprire il valico di Rafah per gli aiuti umanitari, ma el-Sissi non ha risposto, benché la Corte Internazionale di Giustizia abbia chiesto anche a Israele di garantire il passaggio di aiuti umanitari.

La riluttanza dell'Egitto ad aprire il confine fa parte del suo abituale schema di azione.

Dopo essersi ritirato dalla Striscia di Gaza nel 2005, Israele ha firmato un accordo con l'Egitto che regola la gestione del Corridoio di Philadelphia, una stretta zona cuscinetto lungo il confine tra Gaza e l'Egitto. In base all'accordo, Israele ha trasferito all'Autorità Palestinese la responsabilità del controllo del lato palestinese della frontiera. Però la situazione a Gaza è cambiata quando Hamas ha espulso l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina, sottraendosi all’Autorità Palestinese. Allora Israele ed Egitto hanno imposto un blocco paralizzante. A causa dello spostamento di un gran numero di abitanti di Gaza verso il Sinai in cerca di cibo e beni di prima necessità, l'Egitto ha preso il controllo anche del lato palestinese del corridoio. L'ultima cosa che l'Egitto vuole è avere alle porte un gruppo estremista pesantemente armato con stretti legami con i Fratelli Musulmani. Il Cairo ha persino inviato truppe negli Stati Uniti per addestrarle a localizzare e distruggere i tunnel utilizzati per il contrabbando di armi e altri beni a Gaza. Dopo la cacciata del presidente Hosni Mubarak nel 2011, l'Egitto ha allentato le restrizioni. Ma dopo il colpo di stato del 2013 contro il presidente Mohamed Morsi ha nuovamente imposto severe restrizioni al movimento dei residenti di Gaza nel Sinai. Gli Egiziani hanno demolito le case sul lato egiziano della città di Rafah per creare una zona cuscinetto. Hanno anche allagato i tunnel attraverso i quali venivano contrabbandati beni di consumo, armi e militanti.

Israele ora dice di voler acquisire il controllo del lato palestinese del Corridoio, facendo arrabbiare l'Egitto, che sostiene che l’accordo bilaterale obbliga le parti ad ottenere il permesso reciproco per effettuare qualsiasi azione militare, e che ogni violazione all’accordo viola anche gli accordi di Camp David del 1978. Netanyahu ha minimizzato il deterioramento delle relazioni con l'Egitto, sottolineando la profondità dei legami con el-Sissi e lasciando intendere che le fughe di notizie sulla sua insoddisfazione per il comportamento israeliano sono ad uso dell’opinione pubblica interna.

In effetti l'Egitto ha cooperato con Israele in tutte le precedenti guerre contro Hamas. Durante la guerra a Gaza del 2014, un commentatore politico dell'emittente israeliana Channel 13 si spinse fino a dire che chiunque avesse ascoltato la posizione di al-Sissi avrebbe creduto trattarsi di un membro del movimento sionista, ipotizzando che tale posizione fosse dovuta al fatto che Hamas è una branca della Fratellanza Mussulmana.

Le operazioni israeliane nel settore nord di Gaza e di Khan Younis si stanno avvicinando alla fine, dunque l'esercito israeliano si rivolgerà presto a Rafah. Dato che più della metà della popolazione di Gaza si è rifugiata vicino al confine egiziano, un assalto israeliano alla terza e ultima parte della Striscia costringerà i Palestinesi a rifugiarsi nel Sinai settentrionale. Non è chiaro come reagirà l’Egitto.

L'atteggiamento egiziano nei confronti dei Palestinesi non è unico nel mondo arabo. Gli Arabi spesso accusano i Palestinesi di aver venduto la loro terra agli Ebrei e di essere sempre in lotta fra di loro, mentre chiedono aiuto agli altri. Spesso dicono ai Palestinesi di cercare di risolvere da soli i loro problemi prima di chiedere assistenza. Leader e cittadini arabi, specialmente in Egitto, dicono di aver donato generosamente ai Palestinesi e di aver sacrificato migliaia dei loro giovani per la causa palestinese. Giustificano i loro fallimenti nelle guerre contro Israele incolpando i Palestinesi, li descrivono come traditori ingrati. Vedono la presenza dei Palestinesi in qualsiasi paese come un cattivo presagio per la popolazione locale. Gli Egiziani oggi considerano la questione palestinese come un problema che spetta al popolo palestinese risolvere. Sostengono che l'Egitto, intrappolato in un labirinto di povertà, deve concentrarsi sul proprio sviluppo economico e districarsi dalle questioni estere.

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