I Turchi nel Kurdistan iracheno

31/03/2018

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In una serie di incontri con il governo di Erdogan il governo iracheno è riuscito a bloccare temporaneamente l’avanzata di soldati turchi sul Sinjar, ma il pericolo non è affatto scongiurato. La Turchia infatti continua la campagna contro i Curdi del PKK e i loro alleati sia sul proprio territorio, sia in Siria, sia in Iraq. Secondo gli accordi l’esercito iracheno collaborerà con quello turco per sorvegliare le montagne e cacciare i guerriglieri del PKK, a patto che i Turchi non aumentino la loro presenza militare, che già è significativa sul territorio del Kurdistan (vedasi mappa), e non entrino in altre aree.

Al centro della questione è il monte Sinjar, dove i guerriglieri curdi hanno duramente e lungamente combattuto l’ISIS. Ora i Turchi vogliono cacciare i guerriglieri curdi rimasti in loco.

Il massiccio del Sinjar è a cavallo fra il Kurdistan e il resto dell’Iraq. La maggioranza degli abitanti sono Yazidi, minoranza religiosa straziata e schiavizzata dall’ISIS, il cui calvario non è ancora finito. Ex combattenti dell’ISIS sono rimasti in loco, nascosti fra i civili arabi non yazidi.

Nel 2014 l’esercito iracheno si ritirò davanti all’ISIS, abbandonando la popolazione del Sinjar a un destino orrendo, a trattamenti di inimmaginabile crudeltà. Ad aiutare la popolazione e addestrarla a combattere e resistere arrivarono guerriglieri curdi del PKK, che da 40 anni vivono sulle montagne e ogni tanto conducono azioni di guerriglia contro l’esercito turco, ai tempi di Saddam Hussein anche contro l’esercito iracheno. Sotto il loro comando gli Yazidi del Sinjar costituirono le Unità di Resistenza di Sinjar, note con l’acronimo curdo YBS.

Gli Yazidi non hanno dimenticato l’abbandono da parte dello stato iracheno, né l’aiuto del PKK, di cui sono ora leali alleati. Ma il PKK è classificato come organizzazione terroristica non soltanto dai Turchi, ma anche da altri paesi occidentali. Perciò in nome della guerra contro il terrorismo i Turchi bombardano i monti del Kurdistan e del Sinjar. I Turchi inoltre considerano quei monti come territori persi durante la Prima guerra mondiale, ma storicamente appartenenti alla nazione turca, così come i monti del nord della Siria, anch’essi abitati da Curdi – tutti territori che prima o poi dovranno ritornare sotto sovranità turca, per diritto storico.

Questo allarma non soltanto i Curdi, ma anche il governo iracheno. Perciò sulla base del comune timore dell’invasione turca potrebbe costruirsi una migliore collaborazione fra i Curdi iracheni e il governo iracheno, così come fra i Curdi siriani e il governo siriano in carica, che per ora è ancora quello di Assad.

Se la Turchia procedesse con le rivendicazioni e mandasse reparti dell’esercito in Sinjar, nella regione potrebbero avanzare non le truppe dell’esercito regolare iracheno, ma le Forze di Mobilitazione Popolare (PMF), milizia di guerriglieri arabi sciiti addestrati e sostenuti dall’Iran, che in effetti hanno ottenuto la vittoria contro l’ISIS nel centro dell’Iraq, là dove l’esercito iracheno era in rotta, disorganizzato e privo di comandanti capaci. Si arriverebbe così a uno scontro sul terreno fra soldati turchi e milizie che combattono sotto il comando effettivo dell’Iran.

I Curdi del Kurdistan iracheno, che desiderano l’indipendenza, si trovano come sempre in una situazione difficilissima, schiacciati fra gli interessi della Turchia, dell’Iran che ormai controlla il territorio iracheno, del governo iracheno, dei loro compatrioti curdi del PKK venuti dalla Turchia. Con chi si schiereranno?

Una possibilità è che prendano posizione aperta contro il PKK (ma sono i loro fratelli!) e si accordino con i Turchi per raggiungere l’indipendenza dall’Iraq e diventare uno stato alleato della Turchia – che in un secondo tempo potrebbe negoziare con l’Iran un rovesciamento delle alleanze… Ma è un’ipotesi rischiosa, una manovra che difficilmente può riuscire, anche se i Turchi hanno importanti investimenti nel Kurdistan e hanno soldati sul terreno – segno che c’è ancora collaborazione attiva fra Kurdistan e Turchia, collaborazione sviluppata dal 2003 in poi.

Un’altra possibilità è che i Curdi del Kurdistan cooperino con il governo iracheno, cioè anche con l’Iran, rinunciando alla speranza di indipendenza, ma migliorando i rapporti con Iraq e Iran e dando copertura al PKK, a costo però di ritrovarsi in prima linea contro la Turchia nei decenni a venire, il che sicuramente costerebbe molte migliaia di vite curde sui due lati della frontiera.

Che possibilità hanno i Curdi di convincere Iran, Iraq, Siria e Turchia – oltre alle potenze globali − che uno stato indipendente curdo nella regione sarebbe la soluzione migliore per tutti, perché contribuirebbe a sciogliere il PKK e ogni altra milizia curda irregolare, creerebbe un esercito sotto la responsabilità di un governo non bellicoso, cercherebbe di collaborare con tutti per sviluppare imprese economiche e culturali? È la manovra che riuscì a Cavour in Italia, quando incorporò i guerriglieri ‘rossi’ di Garibaldi (l’Eroe dei due mondi fu flessibile e intelligente, capì l’occasione e collaborò con Cavour) in un esercito regolare e creò uno stato unitario pacificato. Ma l’Italia aveva la fortuna di confinare con il Mar Mediterraneo, non con l’Iran e la Turchia! 

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