Georges Bensoussan
Genocidio, una passione europea

11/06/2009

Questo libro straordinario, rivelatore della nostra storia a noi stessi, è presentato al meglio dalle parole dell’autore stesso, che in una intervista ha detto: ‘Addentrarsi in questi abissi non serve a celebrare il passato ma a impedire che il futuro, sia pure in forme diverse, possa ripetersi’. ‘Da secoli nei confronti degli ebrei l’Europa ha avuto un rapporto viscerale, basato in gran parte sull’irrazionale, la passione appunto, conseguenza delle relazioni tra la chiesa e la sinagoga. Il cristianesimo è nato, come tutti sanno, dall’ebraismo, e ha con questa religione una relazione avvelenata. Da qui un rapporto con gli ebrei che durante i secoli è diventato una vera e propria ossessione ebraica dell’Europa. Sia chiaro che sto parlando di una parte dell’Europa. Per una parte di essa, una sola parte, e per una parte della sua cultura, questa passione ha preso le forme del genocidio. In questi ambienti vi era la certezza che solo la morte degli ebrei avrebbe reso possibile la felicità del genere umano sulla terra. Si tratta di un vecchio schema millenarista che del resto non appartiene solo all’Europa. Lo si trova anche in altre civiltà. Nell’islam sciita per esempio vi è l’idea che la felicità arriverà alla fine dello sterminio generale dei nemici, degli infedeli e solo allora si rivelerà quello che gli sciiti chiamano l’imam nascosto (il dodicesimo imam che tornerà alla fine dei tempi per instaurare il regno della giustizia e della verità prima del giudizio finale, ndr). Per l’Europa cristiana, per una parte della cultura d’Europa, questo stesso schema passava attraverso la morte degli ebrei.’ ‘Questo è vero per quella parte dell’Europa che possiamo definire l’Europa dell’anti-illuminismo. Anche se occorre dire che l’illuminismo non può essere visto come un blocco monolitico della ragione. Mi hanno spesso detto che ho la tendenza ad abbellire l’illuminismo, ma anche se nell’illuminismo vi è una componente antiebraica, questa non ha niente a che fare con l’ossessione prevalente nell’anti-illuminismo, che mette in discussione le conquiste migliori dell’occidente, ragione, diritti umani, rivoluzione francese del 1789, la democrazia e cosi via.’ (Nota nostra: molte pagine del libro sono dedicate a ‘spiegare’ culturalmente le ‘cause’ dei massacri degli Herero e di altri popoli coloniali a cavallo del 1900, e degli Europei stessi durante la Grande guerra del 14-18).

‘Credo che in Europa, in tutti gli ambienti europei, anche in quelli colti e intellettuali che non conoscono bene questa storia, domini l’idea che Israele sia uno Stato nato dalla Shoah. Uno Stato offerto dall’Europa agli Israeliani per farsi perdonare i crimini commessi. Si tratta di uno schema che sottintende due cose: innanzitutto che il dono è stato fatto a spese degli arabi che non sono responsabili della Shoah. Di conseguenza che si tratta di uno Stato artificiale, poiché la legittimità di uno Stato-nazione si trova nel sentimento nazionale, ossia nell’idea che i cittadini formano una comunità culturale omogenea che ha un passato comune e che vuole creare un avvenire comune. Se invece si parte dal presupposto che lo Stato d’Israele nasce dalla Shoah, si intende che questo è uno Stato artificiale poiché non rappresenta nessuna nazione. Se cosi fosse, l’unico denominatore degli ebrei raccolti in Israele sarebbe il fatto che essi sono dei sopravvissuti, dei profughi, delle vittime. Ma essere vittime non è affatto una identità. Essere ebrei, italiani, francesi è un’identità. Essere vittime non è nulla, al più è un momento transitorio’. Questo ragionamento sottintende che se Israele dovesse sparire in maniera pacifica, un certo numero di gravi problemi mediorientali scomparirebbero insieme a esso, tra cui quello del terrorismo. Sul piano storico questa è un’idea completamente aberrante. Israele non è nato dalla Shoah, nei suoi quadri e strutture lo Stato esisteva molto prima del 1940. La profonda legittimità dello Stato d’Israele è il sionismo e non la Shoah. Il sionismo è un movimento nazionale che dà identità laica e secolarizzata all’ebraismo e lo attrezza alla modernità. È la forma nazionale contemporanea dell’ebraismo. Un’altra cosa che l’Europa fatica a capire dell’ebraismo è che questo non è solo una religione. Si confondono ebraismo, islam e cristianesimo, pensando che si tratti delle tre religioni del libro, di tre religioni rivelate. Il cristianesimo e l’islam sono una religione e nient'altro che una religione nel senso che (questo vale soprattutto per il cristianesimo) non esiste uno Stato cristiano. Esiste lo Stato francese, italiano, tedesco etc., dove vivono i cristiani. Mentre l’ebraismo è invece una religione e una nazione. Una nazione religiosa e una religione nazionale compenetrate l’una nell’altra. Questo spiega il fatto che un certo numero di ebrei laici, continuino a definirsi ebrei anche se non frequentano più la sinagoga. Allo stesso modo ebrei religiosi che non hanno nulla a che fare con il sionismo nel senso stretto del termine, dichiarano di far parte del popolo ebreo e non si definiscono solo in termini di ebraismo religioso.’

Quale è la trama intellettuale e culturale che ha portato una parte dell’Europa, in particolare l’Europa germanica, a commettere questo crimine (la distruzione degli Ebrei d’Europa)? Un crimine che è inseparabile dallo sterminio dei malati di mente. Ossia un crimine inseparabile da un contesto definito da Foucault “biopotere”. Dire che la canonizzazione (della Shoah) impedisce la critica a Israele sarebbe semplicistico, ma che vi sia una canonizzazione io lo temo, lo credo, lo vedo. Oggi il 27 gennaio lo si potrebbe definire un grande rito religioso. Vi sono i minuti di silenzio, tutto si svolge come se si fosse in chiesa. Ma non è questo quello che servirebbe, questa non è un memoria viva, è una memoria morta. Una memoria dove bisogna inchinarsi, raccogliersi in preghiera, è una memoria morta. Un rito civile e vuoto. L’interrogarsi sulla Shoah dovrebbe essere invece un interrogarsi politico. Piangere sugli ebrei o sulle vittime non serve a nulla. Si piange su tutto ogni momento, tsunami, aids e via di seguito. Non è questo che serve. Servirebbe sapere perché l’Europa ha commesso tutto questo ma, soprattutto, ecco la vera questione, siamo usciti dalle strutture intellettuali che hanno permesso questo crimine?  Come dico spesso ai miei alunni io lavoro sulla Shoah perché mi interessa l’avvenire non il passato. Non voglio dire che gli ebrei sono a rischio di una nuova Shoah, ma se la Shoah è stata possibile contro un gruppo umano è possibile contro qualsiasi altro gruppo umano.    

 

 

 

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