Diritto di voto agli emigrati:
il dibattito si accende

23/07/2014

Gli emigrati stanno diventando un gruppo elettorale rilevante proprio in un momento in cui i partiti nazionalisti crescono in tutta Europa.  Questo crea tensioni tra i paesi che accolgono molti emigranti e quelli che vogliono i voti dei loro emigrati.

Dal 2001 l’Italia consente ai cittadini italiani che vivono all’estero di votare per posta, e ha anche creato quattro nuovi collegi elettorali all’estero − Europa, America Settentrionale e Centrale, America Meridionale, Africa, Asia, Oceania e Antartide. Gli Italiani residenti all’estero possono votare per candidati italiani che vivono all’ estero e vogliono un seggio nel Parlamento in Italia. Dato che la legislazione italiana ammette la doppia nazionalità, i candidati per lo più non sono nati in Italia, ma sono discendenti di emigrati italiani che votano – e che possono essere eletti – anche nei parlamenti dei paesi in cui vivono.

Nel 2010 anche la Francia ha creato 11 collegi elettorali per i Francesi d’ Oltremare. Nell’Assemblea della Repubblica del Portogallo ora siedono un rappresentante degli emigrati in Europa e uno degli emigrati nel resto del mondo.

Non si tratta però di un fenomeno esclusivamente europeo. In Tunisia il parlamento eletto nel 2011 ha riservato 18 dei 217 seggi ai cittadini che vivono all’estero, 10 solo per quelli che vivono in Francia. Il parlamento algerino dedica agli emigrati 8 dei 382 seggi, anche in questo caso soprattutto per gli emigrati che vivono in Francia. Anche la Repubblica Dominicana e il Mozambico riservano qualche seggio agli emigrati.

In altri paesi si ritiene invece che gli emigrati non possano votare se non pagano le tasse, anche perché potrebbero non conoscere la scena politica dei paesi d’origine, specialmente se non hanno mai avuto stretti legami politici e culturali con il paese di origine dei loro antenati.

La questione è particolarmente delicata negli stati in cui i confini politici non corrispondono necessariamente a quelli etnici, come in Europa centrale, dove molti stati hanno minoranze etniche molto numerose. Nel 2011 l’Ungheria ha irritato Slovacchia e Romania concedendo il diritto di voto alle persone di etnia ungherese che vivono all’estero. Già prima del 2011 i politici ungheresi facevano campagna elettorale in Romania, perché alcuni  partiti ungheresi avevano stretti legami con quelli rumeni, ma la concessione del diritto di voto ha innescato non poche controversie. Nei mesi precedenti le ultime elezioni il partito Fidesz, che è al governo in Ungheria, ha fatto campagna elettorale in Romania, suscitando le proteste di Bucarest. Tra Ungheria e Romania ci sono ancora questioni irrisolte che affondano le radici in perdite territoriali ungheresi a favore della Romania dopo la Prima Guerra Mondiale. Questo episodio, sommato alle richieste di autonomia da parte della minoranza ungherese in Romania, fa pensare che ogni elezione in Ungheria aumenterà le tensioni con la Romania.

Nel 2012 il governo canadese ha dichiarato che la creazione di un collegio elettorale francese in Canada costituiva una violazione della sovranità nazionale canadese e ha minacciato di proibire ai cittadini francesi residenti in Canada di votare. Il caso canadese è particolarmente interessante, perché l’approccio è molto diverso da quello dei paesi europei: i cittadini canadesi che trascorrono più di cinque anni all’estero perdono il diritto di voto in patria.

Nei Paesi Baltici vivono cospicue minoranze di etnia russa. Quasi un terzo della popolazione della Lettonia e un quarto di quella dell’Estonia sono di etnia russa. Alcune di queste persone  sono apolidi, non hanno cittadinanza. A marzo l’ambasciatore russo in Lettonia ha sollevato un vespaio quando ha detto che Mosca deve rendere più semplice per le persone di etnia russa residenti in Lettonia ottenere la cittadinanza russa. Gli Stati Baltici temono che la Russia utilizzi la sua influenza sui Russi all’estero per destabilizzare la regione.

Il voto dei residenti all’estero è una questione rilevante anche in Turchia.  Ankara ha appena deciso di permettere agli emigranti di votare senza rientrare in Turchia.  Secondo i dati ufficiali, alle ultime elezioni solo il 7% dei Turchi che vivono all’estero sono rientrati nel loro paese per votare. Con la nuova legge elettorale, la percentuale potrebbe aumentare drasticamente.  Gli elettori turchi all’estero sono circa 2,6 milioni, di cui 1,5 milioni in Germania e 85 000 negli Stati Uniti. La Germania sarà dunque un terreno di scontro elettorale per i candidati turchi. Erdogan ha recentemente tenuto un grande incontro elettorale a Colonia, in Germania, suscitando non poche polemiche. Molti altri politici turchi hanno programmato tappe della campagna elettorale in Francia e Olanda.

Nel lungo periodo, le migrazioni all’interno dell’Europa potrebbero essere significative anche dal punto di vista politico. Un gran numero di Spagnoli, Portoghesi e Greci sono emigrati in Germania e Regno Unito. Ci sono state migrazioni significative anche dai nuovi paesi dell’Unione Europea, come la Polonia o la Romania, verso l’Europa occidentale. La legislazione europea permette a queste persone di votare nei paesi in cui risiedono per le elezioni municipali ed europee, ma non di prendere parte alle elezioni nazionali.  I partititi greci, spagnoli o polacchi potrebbero chiedere la creazione di collegi elettorali all’estero, o almeno includere la difesa di questi emigrati nelle loro campagne elettorali interne.

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