Il sistema di produzione
ad accumulo

26/10/2013

Tutti probabilmente abbiamo sentito parlare delle nuove ‘stampanti 3-D’ e della produzione ad accumulo (additive manufacturing). Sulla base di progetti tridimensionali generati da modelli computerizzati, queste ‘stampanti’ depositano l’uno sull’altro sottilissimi strati di materiali della giusta forma e dimensione, fino a realizzare il prodotto finito. Ora si è aggiunta un’altra innovazione, chiamata molto impropriamente ‘stampa in 4-D’. Dimostrazioni di stampe 4-D sono state fatte all’inizio del 2013, ma solo il 22 ottobre l’Università del Colorado-Boulder ha comunicato che i suoi ricercatori hanno effettivamente prodotto oggetti con materiali compositi, utilizzando il sistema di stampa 4-D.

La stampa 4-D aggiunge una trasformazione alle stampe 3-D. Se si usano materiali che, esposti a certe temperature, oppure immersi nell’acqua, o messi in particolari condizioni, subiscono trasformazioni, il prodotto stampato in 3-D può cambiare forma o volume.  Utilizzando questa tecnica i ricercatori dell’Università del Colorado-Boulder sono riusciti a creare una scatola auto-piegante. Si possono perciò ipotizzare prodotti che rimangono piatti durante lo stoccaggio e il trasporto, assumendo forma e volume ingombrante soltanto quando vengono usati, o strutture auto-assemblanti, utilizzabili in condizioni estreme, dove le tecniche tradizionali non offrono soluzioni. 

Non è che un inizio, ma la produzione ad accumulo ha il potenziale di migliorare l’intero settore manifatturiero. Probabilmente la nuova tecnica non rimpiazzerà la produzione di massa di prodotti economici. Il fatto che non occorra realizzare stampi, ma soltanto un programma, per fare uno o più pezzi, rende lo stampaggio in 3-D e 4-D il sistema ideale per realizzare rapidamente prototipi. Inoltre la stampa 3-D e 4-D potrebbe contribuire alla crescita di mercati di nicchia per manufatti di alto valore, utilizzabili in poche copie.  

La nuova tecnica potrebbe essere subito molto utile nel settore dei dispositivi medicali, in campo automobilistico e aereo-spaziale, perché evita l’assemblaggio di più componenti, ognuno dei quali precedentemente realizzato con stampo proprio, sostituendolo con la produzione del pezzo intero, su modello digitale. Poiché la stampa tridimensionale procede per accumulazione di successivi strati e non per sottrazione di materiale, si intravvede anche la possibilità di risparmiare energia e di ridurre lo sfrido di un buon 70%. La Boeing impiega già oggi circa 200 parti stampate tridimensionalmente e la NASA ha recentemente realizzato con stampa a 3-D un iniettore di carburante per razzi.

La stampa 3-D permette anche di produrre direttamente tutti i componenti necessari nei centri di assemblaggio, risparmiando i costi di trasporto. L’export di componenti aerospaziali e per automobili potrebbe dunque subire presto una forte contrazione.

L’impatto maggiore della rivoluzione 3-D sarà nello stoccaggio. Non si avrà più bisogno di avere scorte di componenti, soprattutto di quelli poco usati. Dove la disponibilità di spazio per le scorte è molto ridotta, come durante le operazioni militari e le missioni spaziali, la possibilità di stampa 3-D può risolvere molti problemi. Sulla Stazione Spaziale Internazionale sono già previsti esperimenti di stampa tridimensionale e l’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea, ha recentemente annunciato il programma AMAZE, per creare parti metalliche con tecnica ad accumulo.

La stampa 3-D per ora interessa soltanto alcune nicchie produttive, ma potrebbe trasformare nel tempo larga parte del settore manifatturiero.

 

(Nella foto la Urbee, prototipo di auto prodotta con stampa 3-D).

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