Privatizzazioni in Grecia
un'opportunità per Russia e Cina

16/06/2011

13 giugno 2011

Per ottenere un nuovo prestito di circa 80 miliardi di euro, la Grecia si è impegnata a privatizzare entro il 2015 circa il 50% delle aziende pubbliche, compresi porti, gasdotti e oleodotti.

La nuova ondata di privatizzazione  si pensa che farà crescere ulteriormente il tasso di disoccupazione – attualmente già al 16,2% - che è perciò osteggiata dai lavoratori del pubblico impiego. Questi non sono gli unici a opporsi alle privatizzazioni: anche i partiti politici – comprese frange del PASOK del premier Papandreu – si oppongono per paura di perdere le clientele su cui basano il proprio potere politico.

Cina, Russia e Germania invece tenteranno di approfittare della situazione per accaparrarsi infrastrutture e aziende strategiche a prezzi contenuti.

·      Il 6 giugno Deutsche Telekom ha acquistato un ulteriore 10% di Hellenic Telecommunications (OTE) per 400 milioni di euro, fra le critiche dell’opinione pubblica greca pronta a gridare al ‘complotto’ dei Tedeschi, che spremerebbero la Grecia per poi comprarsela.

·      Per Pechino la Grecia è un punto d’accesso strategico verso i mercati emergenti dell’Europa centrorientale: attraverso i porti del Pireo e di Salonicco può trasportare le merci nei Balcani, in Ucraina, Bielorussia, Ungheria, Slovacchia e Polonia. La China Ocean Shipping Co. (COSCO) nel 2010 aveva già acquistato l’usufrutto per 35 anni di due terminali del Pireo per $5 miliardi. Ora Atene si è dichiarata pronta a privatizzare il restante 75% del porto, e la Cina ha già espresso il proprio interesse per ulteriori investimenti.

·      Il Cremlino invece ha puntato gli occhi sui progetti europei di diversificazione energetica attraverso il ‘corridoio meridionale’, che puntano a trasportare il gas dell’Asia centrale e dell’Azerbaigian in Europa attraverso la Turchia e la Grecia. Dato che Atene  vuole vendere il 32% dell’azienda energetica DEPAche gestisce i progetti ITGI e Poseidon (vedi mappa) – Gazprom lo acquisterà, per influenzare direttamente  le scelte energetiche future dell’Unione Europea.

A cura di Davide Meinero

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