L’Olanda, tradizionale mediatore d’Europa

01/12/2015

Non si cita spesso l’Olanda nelle notizie internazionali, ma i suoi recenti passi verso la proposta di un’Unione Europea diversa richiamano attenzione. Il 18 novembre 2015 il “De Telegraaf” ha rivelato che il governo olandese ha discusso il piano di una possibile versione ridotta dell’accordo di Schengen, che includerebbe pochi paesi (vedasi mappa a lato). Il 24 novembre un gruppo di consulenti del governo olandese ha anche raccomandato al governo di prepararsi a una futura Unione Europea in cui i membri potrebbero assumere posizioni politiche diverse e dunque integrarsi nell’Unione in varia misura e a diverse velocità.

La geografia ha sempre imposto all’Olanda la necessità di assumere posizioni di mediazione in Europa. Il carattere del paese si è formato nella costante lotta contro due tipi di nemici: l’acqua e le potenze vicine. Il cuore del paese si estende attorno al delta di tre grandi fiumi − il Reno, la Schelda e la Mosa − e i loro affluenti, fra cui il Waal, che collega il porto di Rotterdam alla Germania.

Le possibilità di trasporto a basso costo via fiume e via mare hanno fatto del paese un centro chiave della finanza e del commercio nel Nord Europa. Nel XVII secolo l’Olanda diventò una delle maggiori potenze marittime ed economiche al mondo, stabilendo colonie e stazioni commerciali dalle Americhe al Sud Africa e nel Sud dell’Asia. Durante il processo raffinò e perfezionò il capitalismo, creando il modello per le borse moderne, le assicurazioni e i fondi pensione.

L’acqua ha sempre influenzato anche le politiche del paese. Circa un quarto del territorio si trova al di sotto del livello del mare e il resto affiora appena. Le alluvioni sono un pericolo permanente. L’alluvione di Santa Lucia del 1287 si pensa abbia ucciso fra le 50.000 e le 80.000 persone in Olanda e nel nord della Germania. Gli Olandesi prosciugarono terre strappate al mare e costruirono dighe, canali, bacini e stazioni di pompaggio per poter sviluppare l’agricoltura e per proteggere le città dalle alluvioni. Il sistema funzionava se c’era cooperazione costante fra i funzionari del governo, la borghesia urbana e i contadini. Si sviluppò così un sistema amministrativo decentralizzato basato sulla cooperazione e sul compromesso costante.

Fino al tardo 1500 i Paesi Bassi (cioè l’attuale Olanda, Belgio e Lussemburgo) presentavano numerose piccole entità politiche sottoposte alla sovranità del ramo spagnolo degli Asburgo. Nel 1568 alcune di queste entità si ribellarono a causa della tassazione eccessiva, della persecuzione dei protestanti e dei tentativi da parte degli Asburgo di centralizzare il governo. Nel 1581 le province nordiche dei Paesi Bassi dichiararono l’indipendenza, portando alla creazione della Repubblica d’Olanda.

Il ricorso a una “integrazione differenziata” è la formula che l’Olanda si appresta a sostenere in Europa per preservare gli aspetti politici e commerciali dell’Unione, senza però esigere che tutti i membri, dal Portogallo a Cipro, si integrino allo stesso ritmo e in tutti i settori, come era nel progetto originario.

La posizione geografica dell’Olanda ne fa un paese ricco, ma in costante pericolo d’invasione. Circondato dalle maggiori potenze militari d’Europa (Germania, Francia e Regno Unito) e priva di barriere protettive naturali, l’Olanda fu dominata de facto da potenze esterne per lunghi periodi della sua storia. Perciò gli Olandesi si trovarono a combattere contro i Francesi, i Tedeschi e gli Inglesi fra il XVII e il XX secolo, a volte contemporaneamente. Il 1672, quando l’Inghilterra, la Francia, Munster e Colonia dichiararono guerra alla Repubblica d’Olanda, è conosciuto dagli storici olandesi come “l’anno del disastro”.

La prima difesa degli Olandesi è aprire le dighe per allagare il territorio e rallentare l’avanzata dei nemici. Ma dato che questo non basta, la seconda arma usata è la diplomazia. Piccola ma ricca, l’Olanda è diventata la mediatrice accettata e riconosciuta fra le potenze d’Europa che la circondano. Tale strategia implica anche ospitare conferenze internazionali di pace ed essere sempre presente e attiva nelle organizzazioni internazionali. Non sorprende che istituzioni come la Corte Internazionale di Giustizia e la Corte Penale Internazionale si trovino all’Aia, anche perché la lunga tradizione marittima ha fatto degli Olandesi i pionieri della legge marittima, quindi del diritto internazionale.

La strategia della mediazione ha funzionato. Fra la fine delle Guerre Napoleoniche e la Seconda Guerra Mondiale l’Olanda è sempre riuscita a rimanere neutrale e indipendente. Il gioco non riuscì nel 1940, quando i nazisti invasero e occuparono il paese in una sola settimana.

Dopo la guerra il paese ha imperniato la propria politica estera su due pilastri: l’alleanza con gli Stati Uniti e l’integrazione europea. L’Olanda è membro fondatore sia della NATO sia della Comunità Economica Europea (predecessore dell’Unione Europea). Gli Olandesi sono ancora impegnati nella mediazione fra Germania, Regno Unito e Francia e condividono la visione tedesca dell’Unione Europea quale strumento per il mantenimento della pace e del libero scambio in Europa. L’Olanda è uno dei membri fondatori dell’Eurozona; sono stati firmati in città olandesi il trattato di Maastricht che ha portato alla creazione dell’Unione Europea e l’accordo di Schengen che ha eliminato i controlli alle frontiere fra gli stati europei.

Gli Olandesi sono culturalmente e ideologicamente vicini alla Germania, ma non vogliono un’Europa dominata dalla Germania, hanno ben chiara la necessità di preservare l’alleanza franco-tedesca. Durante l’attuale crisi economica il governo olandese ha sostenuto le riforme economiche nell’Eurozona volute dalla Germania, ma con preoccupazione critica per le conseguenze politiche dovute all’eccessiva austerità.

Gli Olandesi avvertono anche la necessità di preservare la propria indipendenza. Condividono la preoccupazione del Regno Unito riguardo gli eccessi del processo di integrazione continentale. Nel 2005 l’Olanda ha votato contro la costituzione dell’Unione Europea in un referendum, come ha fatto la Francia. Da anni appoggia la richiesta di Londra di rivedere il quadro istituzionale dell’Unione per dare potere di veto ai parlamenti nazionali riguardo alle politiche europee. È anche a favore della richiesta britannica di ridurre la burocrazia e gli oneri amministrativi dell’Europa; condivide la preoccupazione di Londra circa l’impatto economico, politico e sociale di un’immigrazione incontrollata. Ma affianca gli altri paesi europei di dimensioni piccole e medie nel chiedere istituzioni europee più forti, per evitare che le potenze maggiori spadroneggino. Questo è il motivo per cui un Olandese, Frans Timmermans, è uno dei vicepresidenti della Commissione Europea e un altro, Jeroen Dijsselbloem, è a capo dell’Eurogruppo.

Recentemente il governo olandese ha discusso piani per creare un gruppo di “paesi con le stesse vedute” per limitare l’afflusso di richiedenti asilo nel nord Europa. Il ricorso a una “integrazione differenziata” è la formula che l’Olanda si appresta a sostenere in Europa per preservare gli aspetti politici e commerciali dell’Unione, senza però esigere che tutti i membri, dal Portogallo a Cipro, si integrino allo stesso ritmo e in tutti i settori, come era nel progetto originario. 

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