Altre crepe
nell’Unione Europea

15/04/2013

La libera circolazione dei capitali e delle merci è il principio che permette alle economie europee di svilupparsi in modo integrato. È un altro dei principi fondamentali. Ma la creazione dell’eurozona ha dato un’unica moneta a 17 paesi con sistemi economici e finanziari diversi e con diverso grado di competitività internazionale. Questo ha aumentato lo squilibrio commerciale fra la Germania e i paesi più deboli dell’eurozona, e fra i paesi europei più deboli e il resto del mondo. Prima della creazione della moneta unica ogni paese poteva modificare la situazione con una politica monetaria specifica, che ora è impossibile. Perciò gli squilibri si accentuano costantemente, e mancano gli strumenti per raddrizzare la situazione. Si sono perciò sviluppate una dopo l’altra crisi finanziarie ed economiche che, non potendo sfociare nell’integrazione politica degli stati europei, che costituirebbe l’unica vera soluzione, mettono invece in discussione il principio della libera circolazione dei capitali.

I salvataggi di Irlanda, Grecia e Spagna hanno messo in luce la fragilità del sistema bancario dei paesi più deboli dell’eurozona, alimentando il timore che l’instabilità finanziaria possa espandersi anche alle banche degli altri paesi. Il salvataggio di Cipro è avvenuto facendo pagare una parte consistente del suo costo ai clienti che avevano depositato il loro denaro nelle banche, alimentando il timore che questo possa succedere anche altrove. I governanti di Portogallo, Slovenia e Lussemburgo si sono affannati a spiegare che questo nei loro paesi non succederà mai, ma la fuga dei capitali è in atto.

L’Unione Europea progetta da un decennio un’unione del sistema bancario, per cui le banche dell’eurozona verrebbero messe sotto il controllo di un’unica istituzione, dotata di fondi per i salvataggi, e verrebbe creato un sistema di assicurazione dei depositi in tutta l’eurozona. Ma prima c’è stato un lungo dibattito su quali banche debbano essere sottoposte alla supervisione europea unica: soltanto quelle grandi, sistemiche, o anche quelle piccole locali? Nel 2012 si è deciso di procedere all’unione soltanto delle grandi banche. Poi l’idea di un fondo comune di assicurazione dei depositi e di salvataggio in caso di crisi non è stata accettata dai paesi più forti, che avrebbero dovuto assumersi la maggior parte degli oneri. Così la sua implementazione è stata rinviata sine die.

La creazione di un meccanismo unico di controllo delle grandi banche è invece previsto per il 2014, ma prima occorre risolvere un altro aspetto della questione: l’accordo contro l’evasione fiscale. I cittadini d’Europa aprono spesso conti in banche di paesi diversi da quello in cui sono residenti per non pagar tasse sugli utili, o per pagarne meno che a casa propria. La questione venne affrontata già nel 2003, quando venne deciso che i paesi dell’Unione si sarebbero scambiati informazioni sui conti dei residenti esteri, ma Lussemburgo, Belgio, Austria ottennero l’autorizzazione a non farlo, perché questo avrebbe provocato una fuga di capitali dalle loro banche verso la Svizzera o il Liechtenstein. Negli ultimi mesi la questione è tornata alla ribalta, grazie a scandali che hanno visto politici e governanti di vari paesi detenere di nascosto conti all’estero. A seguito delle pressioni di Bruxelles, il Belgio e il Lussemburgo hanno deciso di scambiare le informazioni con gli altri paesi a partire dal 2015, e l’Austria si è dichiarata disponibile a discuterne.  

Nel frattempo però si scopre che il sistema bancario unico europeo è minacciato non tanto dal trasferimento di capitali da un paese all’altro a scopo di elusione o evasione, ma dalla generale fuga di capitali per sfiducia nel futuro, e per sfiducia nelle regole dell’eurozona. Il fenomeno è ormai tanto importante da aver già attirato l’attenzione del Fondo Monetario Internazionale, secondo cui la fuga di capitali dalle banche dell’eurozona, soprattutto da quelli dei paesi più deboli, mette a rischio la possibilità di ripresa economica.

 

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