L'Europa e il suo futuro
Un'analisi di George Friedman

17/06/2008

Il voto irlandese non è stato così disastroso. Solo il 54% dei votanti si è espresso contro il trattato. Ma non è questo il punto. Il punto è che gli irlandesi sono profondamente divisi. In ogni paese vi è almeno una minoranza sostanziale che si oppone al trattato. Dato che tutti i 27 stati membri devono approvarlo, i tempi per evitare che uno qualsiasi degli stati vi si opponga sono molto lunghi. In questo modo gli europei rischiano di non riuscire a dotarsi di una costituzione forte. Il problema è che non è possibile creare una costituzione senza un profondo consenso. Anche quando esiste il consenso – gli Stati Uniti l’hanno dimostrato durante la Guerra Civile – alcuni dettagli critici non adeguatamente considerati possono portare al conflitto. Nel caso degli Stati Uniti la questione del potere dei singoli stati e quella della schiavitù aprirono uno squarcio all’interno del paese. Tali questioni si risolsero solo con la guerra e con una serie di emendamenti alla costituzione inseriti dalla fazione vincitrice dopo la guerra.

 

LA SFIDA COSTITUZIONALE

Creare una costituzione non è come approvare una legge - e questo trattato di fatto era una costituzione. Le costituzioni non riflettono la politica pubblica, ma incarnano una visione condivisa della struttura organizzativa e dei propositi di una nazione. La costituzione statunitense è emersa dopo una lunga guerra di indipendenza grazie all’insegnamento appreso sul campo di battaglia – ovvero la necessità di un esecutivo forte per la gestione della guerra, un congresso forte per lo stanziamento dei fondi e l’ottenimento dei finanziamenti e la supervisione del potere giudiziario per un’interpretazione corretta della costituzione. La guerra, unitamente agli insegnamenti di John Locke, influenzarono la discussione a Philadelphia perché l’esperienza dei fondatori che avevano partecipato a una guerra con un congresso ma senza un presidente li convinse della necessità di un esecutivo forte. Ma questo non fu sufficiente a prevenire la guerra civile perché non si fece subito distinzione fra sovranità nazionale e federale. Fare una costituzione è difficile.

Anche la costituzione europea nacque sul campo di battaglia, ma in modo diverso. Per molti secoli gli europei si sono scontrati e hanno intrapreso guerre selvagge gli uni contro gli altri. Per questo decisero di bandire la guerra dall’Europa. Di fatto la decisione non era nelle loro mani, ma nelle mani dei sovietici e degli americani. L’idea di base era comunque molto semplice: le guerre europee erano scoppiate a causa della divisione - da molti secoli tale divisione correva lungo i confini nazionali. Se gli europei avessero potuto organizzarsi come Stati Uniti d’Europa sul modello degli Stati Uniti d’America, le interminabili battaglie e rivalità di Francia, Germania e Inghilterra sarebbero finalmente terminate.

Nell’Europa esausta del secondo dopoguerra –  e in quelle generazioni che avevano preso parte alla guerra - questo concetto esercitava un certo fascino. L’Europa era esausta sotto ogni punto di vista e osservò i propri imperi andare in frantumi con un misto di indifferenza e sollievo. Gli europei nel secondo dopoguerra volevano liberarsi dell’ideologia e del nazionalismo, che avevano già sperimentato a sufficienza. Anche la Francia, nonostante l’influenza di Charles de Gaulle, sostenitore dell’idea dello stato-nazione, non fu capace di risvegliare un nazionalismo simile a quello che esisteva in precedenza.

Esiste un detto che dice che alcune persone esauste e confondono il proprio status con la virtù. Se fosse vero, questo potrebbe riguardare l’Europa delle ultime due generazioni. L’Unione Europea ebbe origine come patto fra nazioni – Comunità Europea - per ridurre le barriere tariffarie e presto divenne un blocco di paesi legati da un patto commerciale e uniti per la maggior parte dalla stessa moneta. Non si voleva creare un’unione perfetta o, come dicono gli americani, un “novus ordo seclorum”, ma gli europei si impegnavano a dare a tutti i cittadini l’opportunità di vivere una vita dignitosa, senza guerre o genocidi. Vista la brutalità della storia europea era un compito tutt’altro che facile.

I problemi arrivarono quando le cose iniziarono a cambiare: la Comunità Europea subì un’evoluzione e diventò Unione Europea basandosi su quattro punti fondamentali:

 

1.     una zona franca caratterizzata da politiche economiche in qualche modo sincronizzate, spesso controllate dai singoli stati;

 

2.      una burocrazia complessa, studiata per supervisionare le economie europee: questa struttura impenetrabile si sarebbe dovuta occupare di una vasta gamma di compiti, dal più semplice al più complesso (dai salami al monopolio della Microsoft per intenderci);

 

3.      una singola valuta e una banca centrale cui avrebbero partecipato 15 dei 27 membri;

 

4.      in caso di esito diverso del voto irlandese, sarebbe stata creata una serie di proto-istituzioni – con tanto di presidente e ministro degli affari esteri - che avrebbero permesso all’UE di esercitare un maggiore potere; il presidente sarebbe stato, a rotazione, il capo di stato di uno dei paesi membri. 

IL RIFIUTO DELLO STATO EUROPEO

Il referendum irlandese si oppone a quest’ultimo punto. Gli irlandesi non si oppongono ai primi tre punti – sono diventati il secondo paese più ricco d’Europa pro-capite durante la loro era - ma si oppongono alla creazione di un’unica entità europea. Come gli olandesi e i francesi, anche gli irlandesi desiderano una zona franca. Possono sopportare la burocrazia di Bruxelles nonostante la sua intrusività e la mancanza di responsabilità possano generare dei problemi, possono continuare a vivere con una singola valuta pur di non venire intrappolati nelle politiche economiche tedesche e francesi, ma si oppongono però alla nascita di uno Stato d’Europa.

Il governo francese e quello tedesco invece voglio creare una simile entità. Proprio come nel caso degli Stati Uniti, le motivazioni sono legate alla guerra, al passato e al futuro. L’animosità franco-tedesca ha portato alle due guerre mondiali nel XX secolo: queste due potenze ora vogliono un ordine per prevenire la guerra in Europa. Inoltre – specialmente i francesi – chiedono un veicolo per influenzare il corso degli eventi nel mondo. Secondo la loro opinione l’Unione Europea nel complesso ha un PIL paragonabile a quello degli USA e dovrebbe quindi esercitare lo stesso ruolo nell’influenzare la politica mondiale. Questa posizione è molto pratica: gli Stati Uniti spesso esercitano il loro potere nel mondo perché ne hanno la facoltà e a volte ledono gli interessi europei. La Francia e la Germania vogliono controllare gli USA.

Per fare questo devono spingersi al di là della semplice unione economica. Devono avere una politica estera e difensiva unitaria. Per questo motivo hanno bisogno di un governo europeo che porti avanti questa politica. Prima occorre però creare una sovrastruttura europea, che non può nascere senza una costituzione che stabilisca le competenze del presidente europeo, del parlamento e delle corti. Bisogna inoltre specificare come scegliere tali organismi.

I francesi e i tedeschi sanno che potrebbero tranquillamente controllare la politica estera dello stato europeo se riuscissero a crearlo. Vista la popolazione e il potere economico che posseggono sanno di avere i requisiti per poter dominare la politica estera di un eventuale Stato Europeo. Gli irlandesi e i danesi sanno invece che avrebbero scarso peso in politica estera. Oltretutto sanno già di poter esercitare una scarsa influenza sulla politica economica europea, particolarmente quella della Banca Centrale Europea (BCE). Anche la popolazione francese ha espresso i propri timori su Bruxelles e sulla BCE nel 2006. Per paesi come l’Irlanda e la Danimarca, che hanno combattuto duramente per ottenere la sovranità nazionale, entrare a far parte di un’Europa unita è una prospettiva poco allettante, in quanto perderebbero il loro potere di veto a scapito di un sistema parlamentare e presidenziale europei.

Gli economisti si trovano sempre in difficoltà quando devono affrontare il problema del nazionalismo. Per un economista tutti gli esseri umani si preoccupano di massimizzare i propri introiti, ma non riescono a capire che questo purtroppo non è vero. Molti irlandesi si batterono per non essere assorbiti dall’Impero Britannico. I Danesi combatterono per non essere assorbiti dalla Germania. La prospettiva di abbandonare la lotta per la sovranità nazionale a favore dell’Europa non è molto allettante, anche se comporta dei vantaggi economici.

L’Europa non diventerà uno stato nazionale come gli Stati Uniti. Gli europei probabilmente non riusciranno a trovare un’intesa sulla costituzione europea. Non riescono a mettersi d’accordo sulla futura conformazione delle istituzioni europee, sulle modalità delle elezioni e, soprattutto, sulla relazione fra le diverse nazioni e lo stato centrale. Gli europei hanno già ottenuto tutto ciò che potevano ottenere. Hanno creato una zona franca con un’istituzione capace di porre delle regole, hanno creato una valuta che può essere adottata o meno dagli stati membri. Non ci sarà una politica estera e difensiva comune semplicemente perché gli europei non hanno interessi in comune in materia.

PARIGI CAMBIA STRATEGIA

I francesi hanno compreso molto bene la situazione. Pur essendo una volta fra i più forti sostenitori di un’Europa federata ora, sotto la presidenza Sarkozy, stanno cambiando strategia. Certamente continueranno ad essere legati all’UE e alla sua attuale struttura, ma non si aspettano più una politica estera e difensiva unitaria. I francesi hanno invece iniziato a compiere scelte di propria iniziativa. In conseguenza di questo fatto per esempio si sono avvicinati agli Stati Uniti per quanto riguarda alcune scelte di politica estera. Invece di costruire un’Europa capace di resistere agli Stati Uniti - secondo la visione dell’ex-presidente Jaques Chirac – i francesi hanno deciso di allinearsi in una certa misura alle politiche americane - ad esempio nel caso dell’Iran.

La più intrigante iniziativa francese è l’idea di una Unione Mediterranea che dovrebbe riunire i paesi del bacino del Mediterraneo, dall’Algeria, alla Turchia a Israele. Al di là della problematica della coesistenza di tali nazioni all’interno tale Unione, l’idea pone un quesito importante tuttora irrisolto, ovvero se un paese potrà appartenere all’UE e allo stesso tempo a un’altra unione economica. Alcune domande devono ancora ottenere risposta – ad esempio se l’accesso dei paesi nordafricani sul mercato francese ne comporti automaticamente l’ingresso nel resto dell’UE – ma la Germania si è opposta duramente a questo progetto.

La proposta nasce dalla realtà geopolitica stessa della Francia: finora gli interessi francesi erano concentrati sul suolo europeo, dato che la Francia faceva parte dell’Europa; ma dato che è anche un paese che si affaccia sul Mediterraneo possiede legami storici e interessi in tale bacino. Vista la sua posizione geografica ha iniziato quindi a prendere in considerazione nuove opzioni, indipendentemente dai partner europei.

Il voto irlandese ha dimostrato chiaramente che l’unione politica europea probabilmente non è raggiungibile. Questo spinge i diversi paesi a riconsiderare la propria politica estera e difensiva, e quindi la propria posizione geopolitica. L’Europa federale non vedrà la nascita, quindi occorre domandarsi se la semplice unità economica riuscirà comunque a evitare il conflitto politico.

Allo stesso tempo se la Francia continua a perseguire i propri interessi indipendentemente dai tedeschi una domanda sorge spontanea: l’interesse comune di mantenere l’unità economica riuscirà a evitare il confitto? L’Europa avrebbe dovuto fornire una risposta attraverso la nascita di una federazione. Purtroppo questo non avverrà, quindi la domanda rimane. Occorre quindi domandarsi: quando si parla di questioni politiche e militari è ancora ragionevole palare di Europa riferendosi a una singola entità. L’Europa, così come si intendeva prima, sembra essere scomparsa in Irlanda.

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